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Racconti

martedì 26 dicembre, 2017

LA LA LEL. Marco e Armida in TANDEM

LA LA LEL. Marco e Armida in TANDEM

L’Inghilterra  in cielo, predizione divina oppure uso smodato di oppiacei?

La vedete anche voi?....un chiaro segno che tutto sarebbe andato per il meglio, segno che ci dimentichiamo da li a poco e che tornerà a noi solo alla fine dell’avventura.

Per tutto l’anno abbiamo pianificato la Londra –Edimburgo-Londra, ora è l’ora.

Ritagliati un paio di giorni per riposarci e preparare il necessario, completamente immersi nel pensiero della randonneè, ci ritroviamo in macchina pronti alla partenza.

Già…la macchina, non vi è stato modo di arrivare oltremanica con altro mezzo.

Aerei, bus, treni ci hanno cassato il progetto….il tandem non sa da portare che con l’auto e a questo punto me ne sono fatto una ragione, mio malgrado, visto che guidare non rientra nel novero delle mie passioni..anzi.

Fatta pure una richiesta ad un corriere di Bergamo, specializzato in trasporto di biciclette e moto in mezzo mondo, ma i nostri budget sono risicati e i 700€ del preventivo sono troppi e non se ne fa nulla.

Come al solito, alla vigilia di un nostro qualsiasi viaggio, si parte pensando di sfruttare i distributori di metano per arrivare in Gran Bretagna, per poi ricredersi subito strada facendo, visto che il tutto si sarebbe trasformato in un’epopea senza fine….e allora via a benzina con il nostro Qubo.

Dalla mattina alla sera si arriva a Dunquerke, una notte di riposo in hotel a meno di due km dall’imbarco, ed il giorno dopo a mezzodì siamo a Enfield al Premier Inn prenotato un mese addietro.

Incontriamo subito altri randonner dai quattro cantoni, Spagna,Giappone, Germania, Francia e naturalmente un nutrito gruppo italiano organizzato da Luigi Candeli di Modena, sapevamo di trovarli, visto che Luigi stesso ci aveva dato le informazioni per poter alloggiare non troppo distanti da Loughton, la partenza della LEL.

Tra gli altri pure Enzo e Nadia, l’altro tandem italiano…quelli forti, la contentezza è dalla nostra, dopo un anno di allenamenti puntando a salite sempre dure, siamo al dunque, tranquilli e decisi a portare a termine la randonneè.

Non ci muoviamo dall’hotel, cercando di riposarci e rilassarci, sfruttando ogni minuto a nostra disposizione, una vera e propria cura del sonno.

Il sabato mattina, alle 07.00 spaccate, eccoci puntuali alla colazione inglese  e devo dire che un poco ci siamo vergognati per il cibo ingurgitato, ma anche a casa la colazione per noi è un pranzo a tutti gli effetti e qui ci siamo scatenati senza remore..anche troppo.

A mezza mattina, attraverso un dedalo di ciclabili, guidati da Luigi….capitano,oh mio capitano, siamo a Loughton, giusto a preparare le sacche dei bag drop, il primo a Brampton a 553 km circa dalla partenza e il secondo a Louth al km 1167, su per giù.

L’idea è quella di arrivare a Brampton, dove ci attende prenotato un B&B, nella serata di lunedì, ripartire poi il martedì mattina in vista di Edimburgo, per rientrare nella stessa camera e fermarsi, infine, a Louth per il terzo pernotto mercoledì sera, con rientro trionfale a Londra il giovedì all’imbrunire……beata ingenuità.

Terminati i preparativi per i punti di appoggio, veloce passamano con i volontari per le borse e rientro celere alla base, con sosta strategica ad un supermercato di Enfield per organizzare la cena.

La notte, come la precedente, passa in assoluta tranquillità, non è una nostra paranoia quella dei sonni sereni, ma pare che la legge di Murphy ci perseguiti in tal senso.

Ancora è vivo il ricordo di una vigilia per la Verona-Resia-Verona con un maledetto Karaoke che ci ha storditi fino a tarda notte, senza contare le altre volte dove si è avuto a che fare,nell’ordine,con discoteche, compleanni, tangenziali,addii al nubilato/celibato, non so come, ma a volte imbrocchiamo serate una più rumorosa dell’altra.

Domenica mattina, pantagruelica colazione nelle sale del ristorante dirimpetto all’hotel, avete presente i pittori fiamminghi quando ritraggono le opulente cucine delle famiglie nobiliari?....il nostro tavolo imbandito, la stessa cosa.

Per il resto il tempo passa preparando borse e tandem, verificando gli ultimi particolari e facendo mente locale sullo scorrere virtuale nelle nostre testoline della randonneè.

Liberata la camera, caricando le nostre masserizie in macchina, che rimarrà nel parcheggio dell’hotel per tutto il tempo,ci diamo appuntamento con i ragazzi della reception al giovedì sera.

Inforcato il tandem in venti minuti siamo alla partenza, dove oramai se ne vedono gli sgoccioli, visto che il grosso dei partecipanti è già lungo la strada dalla prima mattina.

C’è tutto il tempo per scattare qualche foto,mangiare e capire che il meteo, da che siamo in loco, è cambiato una cinquantina di volte.

Arrivano le 14.00 e pure il nostro turno, come al solito l’intesa è forte e profonda, un sorriso, un rapido sguardo e la strada scorre..

La nostra è una contraddizione in termini, quando pedaliamo ci si guarda intorno come due bambini stupefatti e sorpresi, l’imprinting è quello dei due ciclo viaggiatori che da sempre siamo, poi, se diamo conto alle foto in nostro possesso a fine avventura, qualsiasi essa sia, risultano pochissime e brutte, tutto rimane nelle nostre menti, ed è per questo che scrivo, devo sopperire con le parole alla totale ed assoluta  mancanza di riscontri altri.

Certo, ora ricordiamo tutto e scrivo con il senno del poi, ma una cosa è rimasta vivida e fissa nei nostri occhi……. si parte convinti di essere all’inizio di una scampagnata.

Uno l’ha detto all’altra e viceversa in mille occasioni, caspita… una montagna di ore come tempo limite, pochi km in più della PBP, le salite sono quelle, sicuramente il tempo sarà clemente e dalla nostra.

Una cantilena che diventa un mantra dell’ottimismo più indomabile, quanto poco realistico, ma questo lo scopriremo solo pedalando, a parafrasare Lucio Battisti.

Non potrà che essere una passeggiata….è stato bello dirselo e sentirselo dire.

Partiamo di lena e senza troppi problemi siamo a Saint Ives, diciamo che l’inghippo principe a prescindere è la fame atavica che ci attanaglia, soprattutto per quanto riguarda il sottoscritto, ma pure Armida si difende bene.

Esco dal seminato, ma la storia rende bene l’idea, alcuni anni fa, al passo Campo  Carlomagno , che dalla Val di Sole porta a Madonna di Campiglio, prima di scollinare entro dritto filato in un’osteria, ordino in varietà, mi giro sui miei passi con l’intenzione di gustarmi il tutto in esterna seduto al sole, la proprietaria mi richiama e mi chiede “in quanti siete che vi porto i bicchieri”..solo…ero solo.

Abbiamo amici che hanno fatto con noi randonneè, la cosa di cui non ci capacitiamo e mai ci riusciremo, è quella di averli visti coprire 600 km con poco più di quello che noi mangiamo in 60 km

In merito alla pappatoria, c’è da dire e riconoscere che il servizio è stato di buon livello su tutti i controlli, a parte a Louth, dove, arrivati in concomitanza con il niente liscio che usciva dalle cucine a causa di un auto avvitamento organizzativo della brigata ai fornelli, si è rimasti  a guardarsi negli occhi, con le budella che reclamavano a gran voce.

Questa considerazione non so se oggettiva, oppure frutto delle nostre bocche che si accontentano di qualsiasi cosa e gioiscono sempre di quello che c’è nel piatto e in seconda battuta dei nostri stomaci, digestori industriali…certo è che siamo partiti con mille pregiudizi rispetto alle capacità culinarie espresse dagli inglesi e certo anche che a torto siamo stati molto snob da questo punto di vista e ci siamo felicemente ricreduti e rivisti.

Come dicevo ci siamo arenati solo davanti al vuoto pneumatico offerto a Louth, dove tra le altre cose, hanno cercato di rifilarci uno spezzatino talmente piccante che il peperoncino di Soverato lo avremmo usato per risciacquarci il palato a fine pasto come decongestionante e colluttorio.

5,10,15,20,25,30 ….non è la tabellina del cinque, sono i km da chè un nutrito gruppo di randonneer è adeso al nostro tandem.

Mi sfugge qualcosa, non dovremmo essere randagi solitari? …e se si viaggia in branco non sarebbe male darsi una mano?

Evidentemente nessuno si pone domande, vite senza perchè.

30,25,20,15,10,5 ….no, non è la tabellina del cinque, è la nostra velocità di crociera che decresce per capire cosa succede e nel contempo, mi becco uno… “stronzo asociale” dalla mia dolce consorte, una santa sempre accomodante e portatrice sana di bontà.

Ma porca miseria, ci troviamo catapultati da una randonneè a una sessione di surplace su pista, ai 10 orari mi rimangono tutti dietro…passa un americano di buona lena e mi supera ridendo, probabilmente ha seguito la scena da lontano, mi chiede cosa sto facendo, gli rispondo che sono stanco di tagliare il vento e il mio inglese non mi permette di andare oltre.

Ecco che ci passano tutti e si sono pure offesi, cominciano a pedalare a 40 km/h, giusto per non averci a ruota ….di nuovo noi due.

In cinque giorni, per fortuna, è rimasto l’unico episodio triste, mi viene anche da dire comico, di tutta l’avventura, per il resto un viaggio ancestrale che ci ha segnato nel bene e nella sofferenza.

Il vento è a favore e con le nostre borse Vaude si va quasi a vela, pagheremo dazio al ritorno, va bene cosi, nella natura ritroviamo la sua quintessenza, l’equilibrio.

Capitolo traffico, fortunatamente poco e rispettoso, se non per il fatto che tutti sembrano impegnati a fermare il tempo per essere in pole position in qualche misteriosa gara locale, niente da dire, si allargano per bene distanti da noi, ma schizzano via a velocità da prova speciale.

I controlli passano, ben organizzati per i ristori, da dimenticare invece il capitolo cessi e bagni, qui gli amici inglesi dovranno pensare a qualcosa di meglio, a meno di non accettare, per la prossima edizione, 1500 iscritti stitici, che non conoscono L’inno del corpo sciolto.

Un ringraziamento va anche a tutti i volontari, sempre pronti e disponibili, quando è capitato ognuno di loro si è speso al meglio per risolvere le piccole magagne.

Ma..torniamo a noi ed ai dubbi che inesorabilmente lievitano nella crapa.

I nostri conti li abbiamo fatti e tra Barnard Castle e Brampton, si presume la storia diventi un pizzico più impegnativa.

Arrivano i Monti Pennini.

I Monti Pennini ci assomigliano, prima che duri, direi solitari e il nulla della solitudine li rende possenti, ritroviamo quello che i latini definiscono Vacum,vuoto, termine dal quale deriva una nostra parola dialettale “Vac”, per indicare una zona montana tenebrosa, anche in senso lato….antropologia semantica spiccia, l’importante è non prendersi troppo sul serio.

Come dice il mio caro amico chef, mettersi in discussione nei fatti, vuol dire avere uno specchio a disposizione per darsi del coglione almeno una volta al giorno, trattasi non di scusante ma di viatico verso il miglioramento, sempre auto sarcastici, chè non fa mai male.

Noi lo specchio lo troveremo in camera, nel B&B prenotato a Brampton, per la prima tappa prevista in tabella di marcia.

Emozionante questo aspro momento, la salita la si pedala bene, senza particolari problemi e gli allenamenti duri di tutta la stagione adesso rendono.

Il sapore pieno del viaggio ancestrale trova in questi momenti il suo apogeo, siamo nel mezzo di un’esperienza lisergica.

Vento e pioggia sono la costante di questo tratto, in discesa un paio di volte prendiamo degli svarioni niente male, con sommo terrore di Armida, ma è più forte di me, lancio il tandem a capofitto, sicuro della discesa non troppo tecnica e dei pneumatici Schwalbe 700x37 che sono una garanzia anche sul bagnato, senza perdere troppo in scorrevolezza e con grande confort.

Comincia il mutuo rimugginar.

Bene, ma non troppo, i nodi arrivano al pettine, le condizioni meteo ci segnano e ci hanno rallentato, a Brampton il timbro sulle nostre carte di viaggio lo mettono alle 22.25, appena smesso di piovere.

Il tempo di vidimare l’ingresso al punto di controllo e ritirare le borse bag drop ed eccoci in camera, nel B&B a pochi passi, è subito tempesta di cervelli su come procedere da qui in avanti.

Avevamo preventivato 27-28 h, la peggiore delle ipotesi ne prevedeva 31…, arrivati in 32h e mezza, poco meno, essendo partiti alle 14.00.

In camera suonati come due pugili, nemmeno sicuri di proseguire, cerchiamo di fare mente locale, parliamo di ritirarci, si toccano con mano i nostri limiti e tutto ci sembra oltre quello che le personali capacità ci concedono in questo frangente.

Mentre si discute, si fa la doccia, un tè bollente sfruttando il bollitore in camera, si sistemano le borse con quello che c’è a disposizione nei bag drop,un mutuo massaggio a schiena e ginocchia, si lavano gli indumenti e altro, insomma cerchiamo di reagire, ma è veramente dura, non riesco a capacitarmi di come un anno di allenamenti e di strategie si stiano infrangendo miseramente sulla realtà che, come sempre, detta lo scandire delle cose.

Piove forte ora, siamo sotto il piumone, decidiamo di capire all’indomani la nostra condizione, il pensiero ricorrente va al ritiro, io, poco prima, davanti specchio del bagno accolgo in pieno il suggerimento dell’amico chef e mi auto infamo….ma cazzo a cinquant’anni ancora qui a pensare di fare cose più grandi di me, di noi,non c’è speranza di rinsavire.

Si sentono dalla finestra che da sulla strada le ruote libere di chi arriva ora nel buio.

Buonanotte.

Dormiamo di lusso, poco meno di 7h, come al solito uno sguardo complice è quello che ci fa dire che, ….si, andiamo avanti, per niente sicuri,ma si prosegue.

I cattivi pensieri si sono persi nell’etere, sopiti e latenti, la testa è lucida, le gambe ci sono, lasciamo la camera e al controllo un’abbondante colazione come piace a noi ci aspetta.

Alle 07.08 di mercoledì nuovamente per strada, la nostra tabella di marcia prevede di doppiare Edimburgo e tornare in serata nella stessa camera.

Facciamo nostro un insegnamento del giurista-matematico-filosofo inglese Bertrand Russell….”Quando ti appronti per un’impresa mettici tutta la perseveranza, la passione, la forza di cui sei capace ed anche oltre…ma non crederci mai fino in fondo.”

Sono 300 km, sappiamo già che da qui in avanti salteranno tutti i nostri piani pregressi.

A Moffat incrociamo Giuseppe,Susanna e Giovanni, tre amici di Verona…gli occhi di Giuseppe non mi sembrano i soliti, è caduto, picchiando secco la spalla , non sanno cosa fare, uno scambio vicendevole di auguri e si riparte, dopo un lauto pranzo scambiando due parole a tavola con delle ragazze italiane volontarie.

A manetta passo un cartello “Attention gravel”…ma che cazz….ecco cosa vuol dire gravel…ghiaia… non ho toccato i freni e ho chiuso gli occhi,  ed il Signore ne ha uno di riguardo per due bastardi miscredenti e cosi la sfanghiamo anche questa volta.

Piove,sole ,vento, sole,vento,piove….trattasi di uno speciale codice ternario scozzese, la ciclabile cittadina è in pratica solo fango, non sono mai salito su una mtb, mai fatto sterrati, i boschi li attraverso volentieri a piedi, ed ora ci tocca anche questa.

Il tandem ha la maschera di bellezza con tutto il fango addosso, stranamente ed incredibilmente deragliatore e cambio continuano a fare il loro dovere in maniera egregia, la cosa non è scontata su un tandem che ha fili molto lunghi e cambiate sempre poco precise, paradossalmente andrebbe meglio un cambio sull’obliquo, piuttosto che uno indicizzato, comunque non ci facciamo troppe domande questa volta.

A Edimburgo incrociamo nuovamente il trio veronese, Giuseppe si è ripigliato mi sembra bene, ma è ancora incerto sul da farsi, potrebbe anche essere che torni in treno.

Parliamo di furbi?...bene, un gruppo di inglesi conosciuti a Lougthon, prima della partenza, sono sempre ad incrociarsi con noi nei vari controlli, si viaggia alla stessa andatura, con il tandem che li sopravanza un poco alla volta.

Ci ritroviamo al check out prima del trio Lescano, soli soletti senza che nessuno ci passi, si arriva al controllo successivo e come per incanto, belli come il  sole sono già con le gambe sotto il tavolo per la pausa ….teletrasporto?....magia voodo?

Passiamo una notte molto fredda e umida,si va avanti cercando di tenere una velocità decente.

I due controlli intermedi li saltiamo a piè pari, ma il tempo non è dalla nostra.

A Brampton si cala che il fornaio inizia a lavorare, sono le 03.17 di mercoledì, le ore che avevamo calcolato come riserva, da qui in poi andranno spalmate sul percorso rimanente, sono passate  20 h e spiccioli, sfasciati teniam bordone.

Stanchissimi, dopo la doccia, crolliamo a letto.

Alle 08.35 siamo al punto di controllo, avendo dormito circa quattro ore, riconsegniamo il bagaglio, colazione e via.

La terza notte la si era prenotata a Louth, cosi come il secondo bag drop, mercoledì sera, avanti 314 km, sappiamo già che non ci arriveremo mai.

Da qui si prosegue di ora in ora cercando solo di non scoraggiarci, una cosa la dobbiamo dire, non ci è più balenata in testa l’idea di ritirarci.

Dall’inizio della randonneè leggiamo sms di amici che seguono l’evolversi del viaggio e ci fa molto piacere sapere che qualcuno ci pensa e ci immagina per strada.

Siamo cosi nel pallone da esser convinti di tornare a Barnard Castle da una strada diversa da quella fatta all’andata, ci accorgiamo dell’abbaglio arrivati a scollinare in prossimità del cantiere stradale, evidentemente lo stesso visto tempo prima puntando a nord.

Per fortuna non ci manca mai il sorriso e con quello arriviamo a Barnard Castle, dove ci riprendiamo con un lauto pranzo a mezzo pomeriggio, una sorta di merenda salata extra large.

Poco dopo mezzanotte siamo a Pocklington, diretti ai servizi per farci una doccia calda, il primo che incrociamo all’uscita ci dice che non c’è acqua calda..ottimo, si recuperano un paio di coperte e con il nostro telo sopravvivenza ci infiliamo in un sottoscala, tutto perfetto, un paio di ore di sonno profondo ci aiutano non poco, si mangia e quasi freschi come rose turgide di rugiada mettiam le ruote per strada.

A louth ci siamo più o meno a mezzogiorno di giovedì, la prenotazione del B&B è andata a farsi benedire, troveremo sul telefono, arrivati a casa, i messaggi della proprietaria preoccupata per noi che ci avvertiva di aver lasciato le chiavi sotto lo zerbino di casa, non potendo aspettare oltre perché di turno al lavoro, le pagheremo comunque il dovuto.

Dopo la ripartenza il pomeriggio rimarrà negli annali dei ricordi per il vento incessante e rognosissimo, un vento teso che non ci crea problemi più di tanto, essere in tandem in questa situazione ha dei vantaggi indiscutibili.

Incrociamo un basco che ci racconta dei suoi compagni di gruppo ritirati uno ad uno, ci dice di essere tranquillo per via dei tempi, noi siamo sbiellati, ma i suoi conti non ci tornano, al chè li rivede in diretta e si accorge di aver fallato di due o tre ore, forse anche più….ci saluta e controvento parte a 40 km l’ora, Euskadi.

Ai quattro venti, raggiungiamo un gruppone, pensando di tirare il fiato tra un cambio e l’altro, dopo dieci secondi in tre forano e tutti gli altri si fermano a bordo strada, soli, di nuovo noi, ma la cosa non ci preoccupa.

Al netto delle gambe bollite riusciamo a mantenere i 20 km orari e passiamo pure la tempesta di vento.

A St. Ives l’idea è quella di dormire un paio d’ore, direttamente nei locali della mensa, senza andare in dormitorio, il via vai è sommesso e silenzioso, l’occhio si adagia su un paio di comodi materassi che si liberano al momento giusto.

Dal controllo siamo per strada alle 23.38 di giovedì, al km 1322….qui scattano dei momenti di ordinaria follia, l’imponderabile diventa il nostro compagno di viaggio, il brivido dell’imprevisto fa capolino quando siamo oramai tranquilli e sicuri di arrivare in fondo.

Partiti, rimetto la traccia appena percorsa, ergo cominciamo a ritornare indietro, passa qualche km e si intuisce qualcosa nel momento in cui vediamo randonner nel verso giusto, contrario al nostro.

Poco male, cerco di rimettere la traccia in direzione sud , ma il pacco batteria decide che è il momento buono per scaricarsi….è notte, abbiamo un gps spento, su strade sconosciute e non passa nessuno, sono soddisfazioni.

Errore madornale mio, non ho uno specchio per smadonnarmi addosso, ne servirebbe uno enorme, in pratica ho sempre lasciato il gps acceso ai controlli con il massimo della retroilluminazione e il pacco batteria è artigianale e auto costruito per risparmiare, cosi ha funzionato finchè se le sentita.

Si naviga a vista tornando sui nostri passi, lasciando spento il faro per dare modo al pacco batteria di ricaricarsi ed alimentare il gps, complice anche il fatto che in tutta la baraonda non ci siamo allontanati poi tanto da St.Ives la luce fioca dei lampioni comunali è dalla nostra.

La cosa funziona, procediamo all’erta senza faro, il gps ci da la via giusta, il pacco batteria si ricarica……ma l’imponderabile è sempre al nostro fianco e oramai ha preso consistenza e forma, una sorta di trincea, passaggio per metrò leggeri di superficie.

Qui parlo al singolare,mi prendo tutte le colpe del caso, finisco spedito con il tandem nella corsia centrale, invece che nelle due ciclabili a lato.

Freno, avverto Armida, mi sgancio con le scarpe, finiamo in una buca e Armida picchia duro e secco con la schiena su un cordolo, una botta della madonna.

Dietro di noi un tedesco e un indiano inchiodano e riescono ad evitare il peggio, facciamo due parole, poi loro ripartono subito, mi sento dare del pazzo con al seguito condanna morale per non aver prestato la giusta attenzione alla consorte caduta ed essermi messo a guardare il tandem….giurin giurello non è vero.

Siamo in piedi, Armida totalizza ampio ematoma sull’osso sacro, caviglia gonfia e ginocchio sgangherato.

Io sto bene…siamo fermi, ruota posteriore completamente scentrata, cinque raggi rotti e il copertone lacerato non riparabile.

Dirimpetto ad  un centro commerciale, almeno quello sembra, a fianco di un parcheggio, adocchio tre ragazzi che tirano tardi, è oramai l’una passata.

Con il mio inglese riesco comunque a rendere l’idea ai giovanotti , detto fatto mi caricano in macchina e si parte sulla strada per il controllo da dove si era spiccato il volo quasi due ore prima e alcuni disastri fa.

Armida rimane al freddo, a bordo pista, questa volta l’ho combinata brutta, lei stessa mi rincuora sulle sue condizioni, parto tranquillo alla volta della scuola sede e punto tappa.

In macchina i tre mi fanno il terzo grado, cosa è successo?...cosa state facendo?...che lavoro fai?...è la prima volta che vieni in Inghilterra?, ci si scatena con google translate, ma sinceramente sono così rintronato, stordito, bollito e in fibrillazione che ci sto poco con la testa.

Il meccanico volontario di turno sta tirando i remi in barca dopo cinque giorni convulsi, arrivo io che sono la ciliegina e senza colpo ferire si rimette al lavoro.

I ragazzi che mi hanno scarrozzato fin qui, continuano il terzo grado con il ciclista che di lavoro è un pubblicitario-cartellonista e vetrinista.

In mezz’ora mi sistema la ruota, gli saldo i materiali utilizzati e capisco che lui stesso ha molti dubbi sull’unica copertura che in piena notte è riuscito a recuperare..ma questo è.

Riuscirò a rintracciarlo e contattarlo per mail tempo dopo per ringraziare del supporto, scoprendo che ci si era lasciati con molti pensieri e sensi di colpa da parte sua per averci messo in strada con una copertura come quella, è felicissimo di saperci all’arrivo e noi consci che di meglio non avrebbe potuto fare.

Con i ragazzi siamo di nuovo da Armida, che si sta riprendendo non tanto dalle varie contusioni ma dal tragico destino di avermi come marito consorte, rimonto la ruota, dopo un rapido controllo fari e borse sono apposto, mentre i tre seguono con attenzione le varie operazioni.

Solo ora mi rendo conto di non aver nemmeno chiesto i loro nomi nel trambusto, se non all’ultimo…Conrad and friends, lungi poi da me avere la prontezza di spirito per uno scambio vicendevole di mail.

Ripartiamo con lo sguardo all’indietro verso i ragazzi, che non potremo più ringraziare.

Ho perso il conto del tempo trascorso, sono successe troppe cose in maniera convulsa e siamo per strada, una ciclabile bella e scorrevole.

Scorrevole, ma non troppo, c’e qualcosa che non quadra e detto al riguardo di una ruota risulta essere oltremodo significativo.

Che succede?..succede che abbiamo la gomma a terra, non abbiamo bucato, ma la camera d’aria perde in maniera lenta ed inesorabile, complice anche il fatto che il copertone è di quarta segata, ma questa era cosa nota, visto che il meccanico ciclista aveva molti dubbi sullo stesso.

Il risultato è che il copertone non regge il peso e le sollecitazioni dovute al tandem, ad ogni curva sembra si accasci sul fianco, il resto lo fa la camera d’aria stracotta.

Un delirio, ogni 5-6 km fermi a gonfiare la ruota, per non correre il rischio di forare e certo la strada non aiuta, sporca di ghiaia e piena di buche.

Non ci passa più, continuiamo a guardare il roadbook ed il gps, ma la strada non scorre, mentre il tempo galoppa.

Fermi per l’ennesima sosta, un randoneer inglese ci offre aiuto, cerco di spiegargli la situazione gli domando quanto possa mancare a Great Eston, che non arriva mai…fa un paio di conti, ride e mi dice che dovrò rigonfiare la gomma per altre cinque volte almeno, l’unità di misura è diventata la distanza che percorriamo tra uno stop e l’altro, ci è stato di grande aiuto perché ci strappa un allegro sorriso.

Arrivati al controllo, finalmente, siamo quasi fuori tempo massimo, troviamo subito il meccanico ciclista di turno e gli fornisco una mia camera d’aria, mentre facciamo colazione ci esegue il lavoro, rimonto la ruota e ripartiamo di gran carriera, siamo 25 minuti oltre l’orario di chiusura cancelli.

Tranquilli però, la ruota tiene, anche se il copertone va un poco dove vuole, così  con l’anima in pace si riparte, basta amministrare gli ultimi km e si arriva lisci.

Il triangolo in tandem, questa volta è con il sonno feroce, che ci attanaglia per un bel pezzo, anche qui sempre fermi a risciacquarci la faccia con l’acqua gelida delle borracce, finita quella anche un paio di limpide pozzanghere vanno bene.

Lougthon arriva dopo 116h e 35 minuti dalla partenza, si chiude non una randonneè qualunque, ma un viaggio da subito percepito come epico.

Un’avventura incredibile, siamo frastornati e contenti, ci diamo un bacio e il copertone posteriore si sgonfia, come la macchina dei Blues Brothers che implode e cade a pezzi dopo l’inseguimento.

Siamo a Lougthon , ma non realizziamo ancora, poi la pancia chiama ed è un attimo che ci si siede a tavola, per una bella colazione di mezza mattina.

Come all’inizio si rivede Enzo e Nadia, dell’altro tandem italiano, che sono arrivati la sera prima, anche loro ci confermano che i piani sono saltati e hanno rivisto il tutto in corsa.

Salutiamo altri volti noti, recuperiamo le borse dei bag drop e rientriamo in hotel a Enfield….no cosi è troppo semplice.

Salutiamo altri volti noti, recuperiamo le borse dei bag drop e ,rientrando in hotel a Enfield, ci perdiamo negli infiniti sobborghi londinesi….ci arriveremo solo quattro ore dopo, increduli del nostro rimbambimento totale, indecisi se ridere o piangere…poi si ride…però è un mezzo disastro.

Guadagnata la hall come se fosse un’oasi nel deserto, eccoci  a fare due parole con il terzetto modenese capitanato da Luigi Candeli, facce più che stanche scontente e si scopre che si sono ritirati, stanno preparando gli imballi per rientrare in Italia.

Noi arrivati in camera perdiamo i sensi.

All’indomani, di prima mattina caricati i nostri quattro stracci e il tandem sull’ammiraglia di famiglia, prendiamo la via per Norwich, dove ci aspetta una carissima amica, nel suo fantastico Cottage del ‘400, una toccata e fuga per rientrare subito a Dover, qui abbiamo il traghetto per essere poi la sera a Dunquerke.

Qui, posso capire che si stenti a credere ai fatti, ma garantisco parola per parola.

Mettiamo il pilota automatico in modalità “stati di allucinazione profonda e progressiva”,dopo un tot di tempo, impossibile definirne esattamente il lasso,siamo a…….Southampton.

In pratica siamo entrati in una dimensione parallela spazio-tempo,che la serie televisiva Lost è niente al confronto, arrivati a destinazione, quella sbagliata e pure di molto, siamo senza parole, ma cominciamo a ridere, non servono parole, basta ridere.

Nel delicato momento del rientro, dovremmo avere un servizio badanti che ci accudisce e preserva quel poco che rimane del nostro equilibrio psicofisico, prenderemo in seria considerazione la cosa per le randonneè future.

Arrivati a Dover e alla dogana prima dell’imbarco, la poliziotta ci guarda in faccia ed esclama “Oh my god”….ci fa segno di proseguire, probabilmente ha visto due fantasmi.

Il ritorno è un viaggio nel viaggio, ma si tace per carità di patria, nostra e per non tediare oltre chi è arrivato fin qui nella lettura.

Un paio di giorni dopo a casa,non abbiamo ancora capito cosa sia successo, ma siamo già possibilisti sull’edizione 2021, non c’è speranza, non ne verremo più fuori.

A suo tempo, quando le randonnè erano solo affar mio, mi iscrissi ad un gruppo di auto aiuto…quelli dove tutti in cerchio, mano nella mano, si annuisce, si piange e ci si abbraccia…ciao sono Marco, ho fatto la PBP e sto cercando di smettere.

Macchè..nulla di fatto, adesso siamo infoiati entrambi ed è gara a sognare ad occhi aperti, con una carta geografica spiegata sul tavolo in cucina.

Scambiamo un paio di mail con Beppe di Verona, arrivato in fondo con Susanna e Giovanni, siamo contenti per loro, anche se un poco a Beppe le orecchie saranno fischiate a sirena, da partecipante all’edizione precedente, ci aveva rassicurato”tranquilli, senza problemi si dorme, niente di che”….li mortacci.

Alla prossima, ci siamo detti.

Armida e Marco.

 

P.S. Incredibilmente mi rimetto a scrivere, avendo dimenticato,cosi come nella realtà delle cose, di ricordare il presagio di inizio racconto.

In quella nuvola velata di rosso al tramonto, fotografata un paio di giorni prima della partenza, ci abbiamo letto una sorta di storia già scritta….tutto sarebbe andato per il meglio e questo ci avrebbe dovuto rendere tranquilli e sicuri, ma per uno strano gioco del destino si è totalmente sublimato il fatto, come se non fosse mai esistito nulla di tutto ciò, nemmeno a pensare fosse una coincidenza.

Cosi ne accennavo cominciando a scrivere e di nuovo me ne scordo, se non riportando ora queste note a piè pagina.

P.S. del P.S. Evidentemente non basta ritenersi molto accorto e prudente alla guida, ad oggi abbiamo pure collezionato un paio di multe per eccesso di velocità (microeccessi) e altrettanti mancati pagamenti su strade a pedaggio, sperando sia dazio definitivo.

Ciao.

 

 

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Ciclopoesia
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