lunedì 12 luglio, 2021 ALPI 4000 L’ESTASI DELLE MONTAGNERacconto di un’avventura durata 149 ore, tra le montagne più belle dell’intero arco alpino.di Nese Maurizio Tutto ha avuto inizio appena ho visto il percorso della seconda edizione della Randonnée più dura del calendario, non ho avuto dubbi, dovevo esserci, per chi come me ama le montagne avere la possibilità di fare le salite mitiche che hanno fatto la storia del Giro d’Italia, Passo Gavia, Mortirolo, Ghisallo, Oropa, Colle del Nivolet, Colle delle Finestre per poi chiudere con il Palade e il Passo Stelvio, tutto in un unico percorso è il massimo. Questa volta ero preparato, avendo già affrontato la prima edizione nel 2018, sapevo esattamente cosa mi aspettava lassù, sapevo bene come comportarmi. Non mi dilungherò su tutta la preparazione dell’equipaggiamento, ma alcuni accorgimenti tecnici vanno sottolineati. Nel 2018 avevo un buon livello di allenamento, ma ho usato rapporti molto duri, avevo un 52/36 avanti e un 11/30 dietro, cosa che andava bene per il mio modo di pedalare, un po' duro, ma sulla lunga distanza ho patito troppo il finale sullo Stelvio. Questa volta ho reso la bici più agile con l’introduzione del 34 avanti, ma senza rinunciare al 52. In questo modo il range è molto versatile, ho sia la velocità che l’agilità. In definitiva ho accorciato un po' la catena togliendo una maglia, tutto funzionava benissimo, merito anche del cambio a gabbia lunga della Shimano Ultegra, che permette salti di denti anche importanti. In questa maniera sono riuscito a mantenere la gamba abbastanza fresca per il gran finale. Un altro importante aggiornamento l’ho fatto sulla distribuzione dei pesi nelle borse. Nonostante avessimo a disposizione un Bag Drop, ho sempre l’abitudine di portarmi dietro tutto quello che mi può servire senza rinunciare a nulla. Avevo già provato questo assetto in Sicilia trovandomi benissimo. Mi è bastato aggiungere una borsa da telaio capiente e alleggerire di molto quella posteriore per avere un assetto bilanciato in tutte le situazioni, il baricentro si è abbassato di molto, mettendo attrezzi e roba pesante al centro e tutte le cose voluminose e leggere avanti e dietro. Dopo tutti i preparativi, e il viaggio fatto in macchina con Mario Rago arriviamo al Bormio un giorno prima dell’evento, in modo da ambientarci e prepararci alla partenza. Eravamo un bel gruppo di Campani, ma io avevo un piano diverso, invece di formare un gruppetto con loro ho deciso di affrontare tutto il percorso, praticamente in solitaria, in questo modo la gestione dei miei tempi non è vincolata al resto del gruppo. Dopo tanta esperienza accumulata sulle lunghe distanze ho capito che in questo modo riesco a gestire tutto meglio, in fondo non si è mai da soli, perché il gruppetto che ha il tuo passo nel momento giusto al posto giusto lo trovi sempre, eravamo circa 250 ciclisti e la cosa mi rincuorava parecchio, in fondo siamo come una grande famiglia e possiamo sempre contare tutti gli uni sugli altri. Adrenalina a mille, la sera prima non riesco a dormire, troppa tensione, eppure dovrei essere un veterano, ma è inutile ogni volta è così, prima della partenza la mente è affollata da mille pensieri, avrò preso tutto…, se mi servisse un abbigliamento più pesante in quota…, speriamo che i manicotti bastino in discesa e cose del genere. Subito arrivano le 5:30 del mattino, ci rechiamo alla griglia di partenza il tempo di scansionare il QR-code e stiamo già scalando il Gavia. Il tempo è buono, nonostante la sera prima avesse piovuto, procediamo tutti assieme, in questa fase siamo ancora compatti, la salita si fa subito dura, ma abbiamo quasi tutti lasciato la borsa posteriore nel Bag Drop per recuperarla a Rescaldina, in questo modo con la bici leggera salivamo bene. Arrivati su toccava coprirsi per il freddo, mangiare qualcosa al rifugio e poi scendere prima di raffreddarsi, il tempo di qualche foto e subito scendiamo giù, nemmeno il tempo di finire la discesa e già dovevamo fare il Mortirolo. Il resto del gruppo è rimasto un po' indietro per una foratura di Laudando poco dopo il Gavia. Il tempo era buono, inizia a fare caldo ma non è un problema, saliamo bene anche sul Mortirolo, arriviamo prima io e Lauro Naclerio, troviamo un ristoro buonissimo, panini con le salsicce, formaggi e prodotti tipici. Ci voleva proprio, non resta che fare una foto al monumento e scendere giù, per oggi le salite impegnative sono finite, bisogna raggiungere Rescaldina, ma per farlo dobbiamo passare il Lago di Como con un traghetto da Varenna a Bellagio e gli orari sono abbastanza larghi, un traghetto ogni quaranta minuti, per fortuna io e Lauro arriviamo in orario e non dobbiamo attendere molto per attraversare il Lago. Mi si rompe la cerniera della borsa centrale, era troppo piena, è un disastro se non riesco a ripararla dovrò mettere tutto nella borsa posteriore e la cosa mi preoccupa non poco, ma riesco a creare una chiusura di fortuna con una fascia a strappo che avevo con me e a proseguire senza grossi problemi. Anche a Varenna troviamo un ristoro che ci ricarica, poi sul traghetto abbiamo un po' di tempo per riposare. Pensavamo che dopo Gavia e Mortirolo il grosso fosse finito ma ci sbagliavamo di grosso, adesso toccava fare il Ghisallo, era pomeriggio inoltrato e le temperature proibitive. La salita del Ghisallo la conoscevo bene ma farla con quasi 40 gradi è un’altra cosa, per fortuna avevo il rapporto un po' più agile, in questo modo calando di ritmo sono arrivato alla chiesa della Madonna del Ghisallo intorno alle 19:00, ma ancora non era finita, per Rescaldina mancavano una cinquantina di km da fare in mezzo al traffico, la cosa positiva era che dopo il Ghisallo le salite erano finite, tutta strada pianeggiante fino a Rescaldina, dove mi aspettava la doccia il Bag Drop e il dormitorio, il traffico non era intenso, comincia a diventare buio, arrivo a Rescaldina alle 22:00 ancora con un po' di luce crepuscolare. Dopo una giornata così non avevo dubbi, dovevo dormire, molti sono andati avanti, ma io e Lauro eravamo cotti, doccia, cena e nanna, poi domani sarà un altro giorno. La stanchezza era tanta, dormiamo parecchio la bellezza di 5 ore, saliamo in bici alle prime luci dell’alba e ci prepariamo ad affrontare il secondo giorno, abbiamo un piano, ci tocca salire sul Nivolet, e non sarà esattamente una passeggiata, perché prima dobbiamo fare il passo Oropa, che conosco bene avendolo affrontato nel 2018, dopodiché ci sarà un lunghissimo avvicinamento al Nivolet passando per Andrate, non mancheranno alcuni tratti di strade bianche, fino ad arrivare a Ceresole Reale, tappa strategica, dove pernotteremo questa volta in un letto vero e con tanto di colazione. In questo modo spezziamo la salita del Nivolet in due e la parte dura ce la facciamo la mattina presto, con calma e con un buon recupero. Questo era il piano e si è rivelato vincente, abbiamo fatto esattamente così. La strada all’alba era libera dal traffico, quindi arriviamo a Biella senza problemi, farsi le ore di punta in bici con il traffico infernale di quelle zone non è mai una buona idea, a Biella il tempo di una colazione e ci rimettiamo subito in marcia per Oropa, arriviamo lassù già esausti, il caldo si faceva sentire e la salita è massacrante, continui cambi di pendenza che ti mandano in tilt le gambe, ma è già mezzogiorno e dobbiamo fare ancora tantissima strada, 150 km per Ceresole Reale. Tutto procede secondo i piani, pedalata dopo pedalata inizia a scendere la sera e la montagna del Nivolet diventa sempre più vicina, nel frattempo ci siamo ritrovati quasi tutti nei pressi della galleria prima di Ceresole, una galleria lunghissima da fare tutta in salita con pendenze sempre a doppia cifra. C’è anche la possibilità di prendere la stradina al lato ed evitarla, ma significa affrontare strappi anche al 20%, visto l’orario e il poco traffico decido di farmi la galleria, e con me anche Pino Leone, più indietro ci sono Rago con Salvatore e Gennaro, Lauro invece si fa la strada panoramica. La galleria sembra non finire mai, li dentro con quelle pendenze ti manca l’aria e il respiro diventa affannoso, ogni tanto passa una macchina, nonostante la galleria sia illuminata la cosa mette sempre un po' di ansia, siamo sempre su una bici in una galleria, il frastuono che fanno le macchine è pazzesco, la lunghezza della galleria amplifica tantissimo i rumori rendendo l’esperienza davvero un incubo. Alla fine ne veniamo fuori e leggiamo il cartello Ceresole Reale, significa che anche per oggi abbiamo dato, non resta che attendere gli altri e di andare subito al B&B a farci una doccia e a riposare. Ci raduniamo tutti, facciamo una bella cena con prodotti tipici e poi andiamo nelle nostre stanze. Sistemate le bici e fatta la doccia tutti a dormire, ci aspetta il Nivolet, sono ancora le 22:30, abbiamo tanta stanchezza ma anche parecchio tempo per dormire. Io e Lauro come sempre dividiamo la stanza, si fa subito giorno e la signora del B&B ci offre una ricca colazione, inoltre ci mette a disposizione le stanze anche per lasciare un po' di roba, così la salita fino in cima possiamo farla più leggeri, visto che dopo passeremo di nuovo da lì, questo ci permetterà di salire bene senza consumare troppe energie, il tempo di salire in bici e partiamo per la scalata. Io e Pino Leone iniziamo a salire, e a meravigliarci per la bellezza del Lago di Ceresole, ci fermiamo spesso a fare foto, siamo nel cuore del PARCO DEL GRAN PARADISO in uno scenario incantevole ed incontaminato dove il rispetto per l’ambiente non solo si sente nell’aria ma anche noi stessi diventiamo parte di tutto questo. Io vado letteralmente in estasi, il clima è giusto, saliamo con il fresco dell’alba, inizio a sentire tutti i profumi della montagna, e tutti i suoi suoni, sento il richiamo delle marmotte, ne incontriamo tantissime nella zona dei laghi, ogni tanto mi fermo a fotografarne qualcuna, all’inizio sono diffidenti, ma poi appena capiscono che non sono una minaccia per loro, diventano docili e continuano a rosicchiare piantine senza curarsi della mia presenza. Arriviamo in cima io e Leone quasi senza accorgercene e sono appena le 9:00, indossiamo subito i manicotti e la mantellina siamo comunque a 2641 m, fa freschetto lassù. Aspettiamo il resto del gruppo per le foto e rientriamo alla base a Ceresole, per recuperare le borse e proseguire questa magnifica avventura. Arrivati di nuovo al B&B la signora gentilissima ci offre una buona colazione, ricarichiamo le borracce e ci prepariamo calla lunga discesa, dobbiamo affrontare ancora il Colle delle Finestre e siccome la parte finale è uno sterrato molto lungo, conviene arrivarci con le luci del giorno, non possiamo rilassarci troppo, tocca pedalare. Prima del Colle delle Finestre facciamo tappa a Bruzolo dove arriviamo alle 17:00 circa, troviamo un ristoro, io inizio già a guardare il meteo, la situazione è buona ma vedo che per la mattina porta un peggioramento, si avvicinano temporali importanti. Salgo subito in bici per guadagnare terreno, il mio obiettivo è salire sul Finestre con la luce del giorno, anima e coraggio e si va, con me Claudio Ferro e Pino Leone, il resto del gruppo resta un po' indietro ma per me è normale, ognuno sale con il suo passo, capita che qualcuno resta indietro, inoltre avevo fatto i patti chiari da subito, io avevo deciso di fare molti pezzi in solitaria per gestirmi meglio. Arrivati alla fontana dove finisce l’asfalto ci toccano otto chilometri di sterrato per la cima coppi, la salita è dura ma Claudio sale come un treno seguito da Pino Leone e poi io subito dopo, arriviamo tutti in cima con le luci del giorno, sono le 21:30. Nemmeno il tempo di vestirmi e di fare una foto che mi arriva una telefonata da Mario Rago, mi dice che Gennaro Laudando è caduto sullo sterrato, sullo stesso lato dove era già caduto prima della partenza e Lauro inizia ad avere noia a un tendine, insomma un disastro. Loro decidono di trovare un posto per dormire in una riserva sulla montagna, un vecchio rifugio, li per lì penso di aspettarli e di dormire con loro e farmi poi il Sestriere di giorno, ma guardo il meteo e vedo i temporali sulle nostre teste dopo poche ore, dormire significa prendersi il diluvio. Decido di proseguire in notturna, di farmi il Sestriere scendere a Susa e raggiungere chiusa di S. Michele per riposarmi un po' e cercare di evitare il temporale. Manco il tempo di pianificare la cosa che Claudio e Pino erano già sulla discesa delle Finestre, così facciamo, questo era il piano si pedala tutta la notte! La montagna di notte per me ha una bellezza superiore, va rispettata, si deve scendere con cautela, gli animali selvaggi sono molto attivi la notte, fare uno scontro con una lepre o peggio un capriolo di notte a velocità sostenuta è molto alto e potrebbe risultare fatale. Ma siamo tutti veterani e con le luci scendiamo dal Colle delle finestre e ci arrampichiamo subito sul Sestriere, io arrivo alla rotonda dello scollinamento a mezzanotte, con me sempre Leone e Claudio, trovo anche un pub aperto, una birra era il minimo sindacale, inizia a fare molto freddo, tanta umidità e in lontananza inizia a sentirsi qualche tuono ma stiamo bene, nessun colpo di sonno, ci prepariamo ad affrontare la lunghissima discesa fino a Susa e poi da lì ci toccherà raggiungere Chiusa S. Michele. La notte è ancora lunga, scendiamo dal Sestriere, la strada la conoscevo a memoria, potevo farla ad occhi chiusi, avendo fatto la Susa Savona Susa nel 2017 avevo già fatto quella discesa in notturna. Scendiamo bene, tutta la notte è per noi, non c’è nemmeno una macchina, possiamo osare un po' di più e spingere in discesa, anche per non prendere sonno scendiamo a velocità sostenuta, la strada larga e il traffico assente ci aiuta moltissimo, siamo a Susa in poche ore sono appena le 2:40 e mancano circa 40 km per Chiusa S. Michele. La strada ancora è discesa, le nuvole alle mie spalle si fanno sempre più grandi e minacciose. Arrivo a Chiusa alle 3:40, Claudio era già li dà un po', dormiva già su un divano, io trovo un posticino per riposare, mi appoggio un’oretta, dopo una nottata così avevo proprio il bisogno di chiudere gli occhi per qualche minuto. Poco dopo arriva Leone, anche lui si appoggia da qualche parte, nel frattempo vedo Claudio che si alza e va via, io ne approfitto ed occupo il divano, era un dormitorio improvvisato, quello era l’unico divano, e adesso chi lo molla più. Dormo benissimo almeno altre 3 ore, dovevo recuperare, quando mi sveglio anche Leone è già partito, io me la prendo con più calma ma i tuoni sono vicini, sono le 7:00 e non c’è più tempo, se voglio evitare il temporale devo filare via subito. Così faccio, dopo una colazione veloce vado via, mi lascio la Val di Susa alle spalle con il temporale, e penso ai miei amici che hanno dormito sul Finestre e a quanta acqua devono prendere per superare ancora tutte quelle montagne. La strada adesso è tutta pianeggiante fino al Lago di Viverone, il traffico inizia ad intensificarsi, da queste parti non amano i ciclisti, la strada quella è, tra mezzi pesanti e auto sempre più grandi per noi ciclisti la vita è dura, sempre più dura. Arrivo sul Lago alle 13:30 dove trovo un buon pranzo, ideale per tirarmi su dopo tante ore passate nel traffico, pioggia non ne ho presa e questo mi rincuora, ho un grosso vantaggio sul resto del gruppo, fare il sacrificio per pedalare di notte è stato utilissimo, avevo anche recuperato le forze per andare avanti. Intanto avevo sentito anche gli altri che dovevano fare i conti con il temporale, quindi avrebbero perso ancora più tempo. Io mi avvio subito per la prossima tappa, mi aspettava il Bag Drop a Rescaldina, quindi la doccia è un completino di ricambio. Dovevo fare solo 90 km di pianura, ma il traffico diventa ancora più intenso, non posso procedere a velocità sostenuta, è un continuo tira e molla tra le macchine le rotonde e i semafori. Pochi km dal lago, la traccia ci porta in un borgo medievale, dove c’è un castello, ma per uscire dal castello bisogna fare una stradina sterrata a forte pendenza, io mi avventuro, la bici è carica ma salgo abbastanza bene nonostante lo sterrato, ma appena giro la prima curva vedo difronte a me un muro al 25%, non posso mettere il piede a terra altrimenti rischio di ribaltarmi, cadere adesso sarebbe un disastro, faccio le mie preghiere e con tutte le forze senza alzarmi sui pedali, altrimenti perderei aderenza sul posteriore, con il cuore in gola riesco a venirne fuori. Ma devo fermarmi 5 minuti per rifiatare, penso tra me e me, “chi diavolo ha disegnato la traccia e perché mi hanno fatto questa cattiveria”. Comunque intravedo la statale e tutto procede bene, dopo un bel po' di chilometri di pianura arrivo a Rescaldina alle 20:00 in perfetto orario per doccia, ma non faccio in tempo a posare la bici e un ragazzo tedesco mi fa notare che ho forato, meno male che ho forato proprio al ristoro, ho tutto il tempo di sostituire la camera d’aria con calma, ma prima cambio vestiti e cena poi sistemo borse bici e camera d’aria e poi finalmente riposo. Devo dire che nei ristori troviamo sempre qualcuno pronto a prendersi cura di noi, i nostri Angel, anche loro stanchi, dopo tante ore passate cercando di soddisfare le esigenze di 250 ciclisti, ma loro sono sempre lì con il sorriso cercando di fare tutto il possibile per accompagnarci all’arrivo portandoci un piatto caldo, preparandoci un dormitorio, mentre sistemavo la camera d’aria mi hanno anche regalato una camera di riserva. Riesco a sistemare tutto per le 22:00 così posso dormire almeno 4 ore, devo ripartire comunque di notte per evitare il traffico del Bergamasco. Il dormitorio non è il massimo, solo un materassino per terra nella palestra, dormo ma non è il massimo del riposo, comunque la sveglia suona alle 3:30 e dopo poco sono di nuovo in sella a pedalare, è notte fonda e devo attraversare tutta la Brianza, fino a Trescore Balneario dove mi aspetta un ristoro. La notte si pedala sempre bene, ma arrivati alla mattina, il traffico diventa intenso, intorno alle 8:30 nei pressi di Bergamo una macchina nera a tutta velocità mi prende in pieno con lo specchietto che esplode, il braccio me lo sento spostare e il manubrio si gira quasi a 90 gradi. La bici si sbilancia, sinceramente non so come, con un riflesso riesco a riprendere il controllo e a non cadere. Dietro di me c’era una colonna di macchine e mezzi pesanti, se fossi caduto adesso non sarei qui a scriverlo, ma sarei diventato uno dei tanti ciclisti che muoiono ogni giorno per le nostre strade. Non mi fermo nemmeno a pensare sull’accaduto, e vado avanti, ma non posso fare a meno di pensare tra me e me quanto è facile morire in bici. Eppure basterebbe stare concentrati alla guida e rispettare le categorie deboli come pedoni e ciclisti, ma in Italia manca proprio la cultura di base del rispetto, siamo messi male ma davvero molto male. Arrivo a Trescore per le 10:00, faccio una bella colazione e riparto subito in direzione del lago d’Iseo, mi aspetta una tappa lunga, di 165 km e con tanto dislivello, devo arrivare a Vesio di Tremosine sul Garda, ma per farlo devo attraversare ben tre passi, attraverso tutta la sponda sinistra del lago d’Iseo, bellissimi gli scorci e i paesaggi davvero spettacolari, il caldo inizia a farsi sentire, arrivo ad Iseo dove prendo un bel gelato, nel frattempo cerco di prendere contatto con Lauro ma mi dice che non ce la fa a proseguire e decide di ritirarsi, facendosi la strada per rientrare al Bormio, mi raggiungono anche i tre assi Laudando, Rago e Salvatore d’Aiello, hanno fatto un recupero pazzesco, pedalando tutta la notte, nonostante abbiano preso pure un bel po' di temporali. Io proseguo da solo, dapprima la salita del Passo Tre Termini, poi quella della Cocca di Lodrino, poi la Sella di Preone e per finire gli interminabili mt 946 del Passo di San Rocco. Poi finalmente la discesa verso il lago di Garda a Gargnano. Attraverso la sponda del lago Valvestino e con mio grande stupore lo trovo quasi prosciugato, il livello idrico è molto basso, una scena desolante. Comincia a farsi sera, lo spettacolo del tramonto mentre scendo sul lago di Garda è qualcosa di magnifico, alle 21:00 sono su Riva Grande e inizio a costeggiare il Lago di Garda, ancora tanta salita, e poi mi aspetta la strada della Forra per arrivare a Vesio. Si fatta notte e inizio a salire per la Forra, una strada che non ha bisogno di presentazioni, si arrampica all’interno di una serie di caverne, farla di notte è ancora più suggestiva, Vesio è ancora lontano e io sono a secco, meno male che trovo un bar per strada e prendo un po' d’acqua, avevo con me un paio di gel, e questa era l’occasione buona e giusta per assumerli, per arrivare a Vesio mancano 5 lunghissimi km di salita dura. Arrivo alle 23:30 e finalmente posso riposare, trovo un ristoro buonissimo con una zuppa, mi concedo anche il bis e poi trovo un angolino per dormire nella palestra adibita a dormitorio, ancora una volta il solito materassino ma sono talmente stanco che mi addormento subito e mi risveglio alle sei del mattino. Dopo una bella dormita e una colazione riparto, da Vesio tutta discesa sul lago fino a Limone sul Garda . Passando da Riva del Garda sino ad Arco. Da qui su percorso ciclabile si arriva a Sarche, su ciclabile in uno splendido scenario. Poi da Villa Banale inizia la lenta salita verso il Lago di Molveno sino arrivare ai 1040 mt di Andalo. Ultimi km in discesa per arrivare a Spormaggiore dove trovo un ristoro da favola, una pasta buonissima, mi concedo anche questa volta il bis, e ne approfitto anche per una pennichella sul prato al fresco, sono le 14:00 e fa un caldo boia, meglio approfittarne la strada ancora è lunga e sono messo bene con i cancelli, con me c’è anche Renè, anche lui sceglie il prato per riposare, si sta davvero bene all’ombra con il venticello. Alle 16:00 riparto per Merano, manca solo il Palade e poi lo Stelvio, insomma tutto sommato ce la posso fare a finirla nelle 150 ore, ho a disposizione molto tempo, devo solo gestirlo bene. Il Palade lo supero senza grosse difficoltà poi una lunga discesa fino a Merano dove ritrovo Renè Cataran e Gerald Melvin Herradura, due grandi atleti, Renè mi dice che intende pedalare tutta la notte e farsi lo Stelvio la mattina presto, manca ancora tutta la ciclabile del Trentino per arrivare a Prato allo Stelvio e iniziare la scalata, sono appena le 21:00 abbiamo tutto il tempo per una cena e per riposarci una mezzoretta, io come sempre guardo il radar meteo e vedo probabili temporali al mattino, prendere acqua sullo Stelvio non è il massimo ma non abbiamo alternative, questo era il piano. Gerald Melvin Herradura offre la cena a me e Renè, gesto bellissimo da parte sua, mi aveva conosciuto da poco e già eravamo grandi amici, questo è il potere della bici, ci unisce in maniera unica, siamo tutti una grande famiglia, non importa di che nazionalità sei, ci capiamo a volo, abbiamo tutti lo stesso obiettivo e la stessa passione ed è bellissimo. Dopo la cena ci mettiamo in marcia, la notte è lunga, il colpo di sonno sempre dietro l’angolo, l’aspetto positivo della ciclabile in notturna è l’assenza di pedoni e ciclisti della domenica, avevamo il vento a favore e si procedeva a passo molto sostenuto. Ma dopo tanti km gli occhi si chiudono, e vedo Renè cercare una panchina per un microsonno, anche Gerald ne approfitta, ma per me c’è troppa umidità, la ciclabile costeggia il fiume, dormire su una panchina non è il massimo, riesco a stare una mezzoretta, ma mi stavo raffreddando troppo, lascio Renè e Gerald a dormire e io proseguo fino a Prato allo Stelvio, passando tra i meleti del trentino, che tra l’altro per quell’orario era prevista l’irrigazione, ogni tanto i getti degli irrigatori colpivano anche me. A prato trovo un bancomat, mi riparo all’interno dall’umidità e faccio una mezzoretta di riposo. Adesso manca solo il Re Stelvio e ho a disposizione ancora una marea di tempo per scalarlo, sono le 3:30 mi metto subito in marcia, l’avvicinamento è molto lungo, me lo ricordo bene dall’edizione del 2018, alle prime luci dell’alba mi raggiungono anche Renè e Gerald, siamo tutti e tre nel bosco, c’è una nebbia fitta e inizia a piovere, contro ogni mia previsione. Ma per fortuna è una pioggia leggera, sono nubi che si sono formate per il troppo calore, un fenomeno locale che non è visibile dal radar, per questo non potevo sapere di prendermi la pioggia alle 5 del mattino. Ma come disse Renè “Per noi mollare non esiste”, indossiamo la mantellina e andiamo su, sempre più in alto, superiamo il bosco e difronte a noi eccoli tutti e 48 i tornanti dello Stelvio, non resta che superarli tutti, le gambe ancora girano bene, merito del 34 avanti, mi ha letteralmente salvato in molte situazioni. Ognuno sale con il suo passo e mi ritrovo ancora una volta alle prese con lo Stelvio, ma questa volta è diverso, non è una corsa contro il tempo ma bensì è il tempo che dolcemente mi accompagna, mi gusto minuto per minuto ogni momento della scalata, il paesaggio diventa sempre più bello, dietro di me, anzi, sotto di me lascio le nuvole che mi avevano accompagnato nel bosco e mio ritrovo ad affrontare gli ultimi tornanti poco dopo le luci dell’alba, la situazione è ideale. Trovo aperto alche il rifugio a pochi tornati prima del passo, ne approfitto per una ricca colazione e riprendo gli ultimi 10 tornanti, trovo anche qualche fotografo appollaiato, che non perde occasione per tirarmi qualche scatto, e senza accorgermene mi trovo lassù a 2757 metri sul livello del mare, non fa freddo si sta bene, ne approfitto per fare qualche foto e per mangiare un bel panino caratteristico, con crauti, salsiccia di cervo e pane di segale tradizionale. Sono arrivati anche Renè e Gerald, gli altri Gennaro Laudando, Mario Rago e Salvatore D’Aiello, mi avevano superato prima di Merano e avevano scalato lo Stelvio di notte, erano già tutti all’arrivo. Ma io resto ancora un po' lassù, era un peccato scendere subito dopo tutta quella fatica, mi godo il momento e inizio la discesa verso le 10:00 per il Bormio. Per le 150 ore bisognava arrivare a mezzogiorno, io arrivo alle 11:00, sono soddisfatto è andato tutto secondo i piani. Merito dell’esperienza, delle scelte giuste al momento giusto, dell’equipaggiamento giusto e della compagnia giusta al momento giusto. Scusate il gioco di parole. Non finirò mai di ringraziare Enrico Peretti e tutto lo Staff di Alpi4000 per avermi regalato 149 ore di puro divertimento tra le montagne più belle d’Europa se non addirittura del Mondo. Ringrazio tutti i miei compagni di viaggio, ognuno ha contribuito alla riuscita dell’evento, non era scontato farcela in 149 ore, poi ringrazio quel Santo in paradiso che non mi ha fatto perdere l’equilibrio a Bergamo. Alla fine siamo arrivati tutti con una bella storia da raccontare, ognuno ha affrontato la Randonnée a modo suo, abbiamo vissuto momenti indimenticabili, ci siamo fatti un sacco di risate, abbiamo affrontato e superato ogni difficoltà e siamo arrivati tutti in meno di 150 ore. Questo è il mondo Randagio, lo spirito che ci accumuna e che ci rende forti e capaci di affrontare tutte le paure e tutte le difficoltà sempre con il sorriso sulla faccia. archivio mercoledì 01 maggio 2024 Villasmundo....al limite di tempolunedì 29 aprile 2024 Florence randogiovedì 28 settembre 2023 Veneto Gravel 2023 by Refoundgiovedì 28 settembre 2023 Veneto gravel 2023 by Refound 2/2lunedì 28 agosto 2023 Super Randonnée StelvioEreticamartedì 25 luglio 2023 Giro in bicicletta dopolavoristicomartedì 25 luglio 2023 Ciclopoesiasabato 24 giugno 2023 Per un punto Martin perse la cappasabato 03 giugno 2023 TransAlpRando quando le ciclabili volano alte! |