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Racconti

sabato 03 giugno, 2023

TransAlpRando quando le ciclabili volano alte!

Racconto di un’avventura unica nel suo genere, non esiste in tutto il circuito Italiano una randonnée simile alla TransAlp.

di Nese Maurizio
TransAlpRando quando le ciclabili volano alte!

Racconto di un’avventura unica nel suo genere, non esiste in tutto il circuito Italiano una randonnée simile alla TransAlp.
Raccontare un’esperienza come questa non è semplice, sono talmente tante le emozioni che ho vissuto che non so da dove cominciare, le randonnée che superano i 1000 km sono tutte un capitolo a parte, ognuna di esse ci regala emozioni ed esperienze uniche. Non è solamente un viaggio che segue un percorso disegnato per farci scoprire tantissimi luoghi, ma è soprattutto un’esplorazione dentro noi stessi, che mette a nudo tutte le nostre paure e ci costringe a fare i conti con i nostri limiti, tutte le nostre abitudini vengono sconvolte e ci proietta fuori dalla nostra zona di comfort, ma alla fine dopo aver superato mille difficoltà viene sempre fuori la parte migliore di noi.
Una randonnée la vivi sempre tre volte, quando la organizzi, quando pedali e poi quando la racconti.
Anche questa non ha fatto eccezione, appena ho visto il percorso ho capito subito che non potevo mancare.
Gli organizzatori Simonetta Bettio, appassionata di viaggi in bicicletta e Giorgio “Musseu” Murari pioniere del movimento randagio italiano di grande esperienza che ha aperto molte vie che poi sono diventate randonnée e percorsi permanenti, hanno ideato un percorso che attraversa tre nazioni, Italia Austria e Slovenia utilizzando solo ed esclusivamente le piste ciclabili che si articolano dai centri abitati, costeggiano i fiumi e superano i valichi alpini per poi proseguire fino a Lubiana in Slovenia. Le poche strade che erano sul percorso erano tutte a basso scorrimento e servivano solo da collegamento tra una pista ciclabile all’altra.
La mia mente si è messa in azione cercando di immaginare come poter affrontare una simile sfida, nel mio bagaglio di esperienze non c’era nulla di simile.
Le opzioni erano ben due, prendere il brevetto BRM di 90 ore o il brevetto BRI di ben 110 ore, chi puntava al campionato italiano non aveva scelta, doveva puntare alle 90 ore, ma questo significava avere una media oraria sostenuta e pochissime ore di sonno, chi invece come me voleva solo vivere un’esperienza di viaggio prendendosi tutto il tempo necessario quello da 110 ore andava più che bene.
Nonostante la Parigi – Brest – Parigi sulla carta sembra della stessa difficoltà, 1200 km per circa 12000 mt di dislivello, la TransAlp ha una difficoltà in più, proprio le piste ciclabili che ci tengono al sicuro dalle automobili non ci consentono di procedere a velocità sostenuta, quindi chi ha un’impostazione agonistica e vuole fare il tempo sicuramente si sarà un viaggio molto stressante.
Ho capito da subito che questa volta dovevo affrontare tutto con molta calma, avere un equipaggiamento adeguato ai passi alpini, prendermi il tempo necessario per recuperare le forze, dormire un po' di più del solito e fermarmi spesso per mangiare un pasto completo.
Anche l’assetto della bici doveva essere minimale, ho portato dietro solo lo stretto necessario, sono state molto utili le due borse piccole che funzionano da porta borraccia sul manubrio, le ho usate per una borraccia da mezzo litro e per le barrette, in questo modo avevo sempre tutto a portata di mano.
Tutto era pronto, come faccio sempre controllo le condizioni meteo per capire a cosa andrò in contro, le previsioni erano pessime, ci toccava partire con la pioggia.
Mi sono organizzato il viaggio in macchina per raggiungere la partenza a Verona con Lauro Naclerio, un compagno di tante avventure come 1001 miglia e Alpi 4000, ci siamo sempre trovati bene, abbiamo la stessa filosofia nell’affrontare il viaggio e anche lo stesso passo.
Partiamo un giorno prima della partenza e ci fermiamo a Reggio Emilia a casa del fratello di Lauro che ci ospita e ci offre una cena buonissima, partiamo la mattina presto e siamo i primi ad arrivare a Villa la Guerina dove ci sarà il briefing e la consegna del pacco gara, cogliamo l’occasione per dare una mano agli organizzatori a sistemare le ultime cose.
Tutto è pronto, la partenza è alle 19:30 e ci tocca fare le prime tappe in notturna, abbiamo in dotazione anche un tracker gps che consente agli organizzatori e a chi ci segue da casa di vedere la nostra posizione in tempo reale. Questa per me è una novità, ho visto qualcosa di simile solo nelle gare di ultracycling e nelle gran fondo, ma questa volta il gps non sarà utile per scopi agonistici per monitorare tempo e posizione bensì sarà fondamentale per coordinare i cancelli e i punti ristoro, rendendo la randonnée piacevole sia per i primi che per gli ultimi arrivati.
Fatte le foto di rito ci rechiamo tutti a Verona centro per la partenza in pompa magna, con il Sindaco che ci dà un caloroso benvenuto.
In lontananza si vedeva un cielo scuro, anche il mio radar confermava che la notte sarebbe stata piovosa con forte rischio di temporali e grandinate.
Io e Lauro avevamo già attraversato in macchina una di queste perturbazioni, siamo rimasti bloccati in autostrada nei pressi di Magliano Sabina con chicchi di grandine grossi come noccioline. Temevo il peggio anche a Verona, soprattutto nella zona del Lago di Garda che avremmo attraversato da lì a breve.
Ero molto preoccupato, ma avevo con me il pantalone antipioggia e il goretex, con una novità che si è rivelata vincente, i sacchetti per congelare i cibi sopra i calzini in modo da isolare i piedi dalla scarpa. Un’idea di Mario Rago che si è rivelata veramente utile, in quanto il calzino non potendo assorbire acqua dalla parte inferiore consentiva al piede di rimanere asciutto in qualunque condizione.
Siamo in viaggio, come capita sempre all’inizio tutti camminano con un passo veloce, si formano vari gruppettini, io resto con i Normanni, Gennaro Laudando, Mario Rago, Lello detto Batman e il capitano Pino Leone.
Usciti da Verona, raggiungiamo il ponte della Diga di Chievo che attraversiamo, per portarci sulla ciclabile seguiamo il canale per strade secondarie e brevi tratti ciclabili.
La pioggia comincia a farsi sentire, io controllo il radar e vedo che la perturbazione si sposta a nord proprio nella stessa direzione nostra, consiglio anche al resto del gruppo di fermarci per una decina di minuti in una galleria per fare in modo che passi. Gennaro resta sorpreso dell’esattezza della previsione, ci troviamo benissimo, noi dietro e la pioggia avanti. Solo qualche goccia ma chi stava avanti a noi l’ha presa tutta.
Passata la bufera, ci rimettiamo in cammino, con leggeri saliscendi raggiungiamo Caprino Veronese fino al controllo.
La notte è ancora lunga, sul Lago di Garda le temperature scendono e la pioggia continua a farla da padrona, anche se l’intensità è scesa di molto.
Continuiamo tutta la notte a passo spedito, il lago alla nostra sinistra, le luci di Riva del Garda si vedono in lontananza, poi Rovereto, Trento e risalendo l’Adige sulle ciclabili arriva anche l’alba con i suoi colori e i suoi profumi. Poche soste ai controlli, la notte non conviene raffreddarsi, pedalare ci mantiene svegli.
Il primo obiettivo è arrivare a Villabassa, dove possiamo fare una doccia e riposare due o tre ore, ma arrivati a Brunico troviamo la ciclabile interrotta sul ponte del fiume Rienz, io Mario Rago e Lauro facciamo la deviazione che ci porta sulla strada che sale sulla montagna, si tratta di fare un po' di salita, ma ci troviamo difronte a muri del 15% per almeno 5 o 6 km la strada sale sempre ma poi il panorama che si apre difronte a noi ci lascia senza parole, il paradiso fatto di montagne, boschi e prati sconfinati, sembrava che il mondo di Heidi si stesse materializzando difronte a noi.
Poi finalmente la discesa fino a Villabassa, dove ci aspetta il ristoro dopo aver pedalato per più di 300 km.
Mi rendo conto subito che sostenere il ritmo dei Normanni non fa per me. Loro puntano alle 90 ore, ma significherebbe sacrificare tutto quello che questa randonnée ha da offrire, mettersi a testa bassa e pedalare forte non fa per me, io devo osservare ogni scorcio di panorama che ho difronte, assaporare ogni singolo istante, sentire i profumi e i suoni delle montagne che attraverserò, fare delle soste per fare delle foto, non ha nessun senso fare una corsa quando lo scopo è godersi semplicemente il viaggio, l’arrivo è solo la fine di questa splendida avventura. Mi metto in modalità turistica e insieme a Lauro, Giorgio e Claudia, formiamo un gruppo dove tutti hanno lo stesso obiettivo, divertirsi.
Da Villabassa partiamo subito perché è ancora giorno sono appena le 17:30 e non conviene dormire, basta per me una bella doccia e un buon pasto, la strada continua in discesa, passiamo da San Candido e superiamo il confine con l’Austria.
Arrivare in Austria attraversando una ciclabile fa un certo effetto, siamo al tramonto le temperature calano in fretta, ci copriamo con tutto quello che abbiamo, io continuo a meravigliarmi, tra fiumi laghi boschi e montagne il paesaggio cambia in continuazione, non c’è nemmeno il tempo per sentirsi stanchi perché i nostri sensi sono troppo impegnati ad esplorare quello che ci circonda.
Superiamo Lienz e la fabbrica della Loacker e arriviamo a Oberbrauburg dove decidiamo di dormire, troviamo delle camere e una sistemazione in un letto vero. Sono le 23:00 il tempo di cenare e andiamo a letto, formiamo due camere una tripla e una doppia, nella tripla andiamo io Lauro e Giorgio, nella doppia Claudia ed Irene che nel frattempo si era accodata a noi. Siamo stanchi ci addormentiamo subito, le ragazze invece passano una notte più agitata per qualche incomprensione. La mattina seguente Irene prosegue da sola e noi continuiamo con il solito passo lento ma costante.
La tappa che ci aspetta è molto dura ci aspetta la salita verso il Confine di Stato italiano, sulla ciclabile Alpe Adria.
Arriviamo per le 11:00 a Fusine dopo aver di nuovo superato il confine con l’Austria e rientrati in Italia ci aspetta il confine con la Slovenia, sempre su pista ciclabile, questa randonnée mi piace sempre di più, arrivati a Tarvisio vediamo i nastri rosa per il Giro D’Italia, c’era la tappa a cronometro che avrebbero corso i professionisti, ogni tanto incrociavamo un’ammiraglia del giro, tutto molto emozionante.
Di nuovo superiamo il confine e arriviamo in Slovenia, attraversiamo una ciclabile realizzata su un antica ferrovia, le stazioni sono diventare dei bar, è stato molto emozionante attraversare le gallerie che un tempo servivano per i treni con la bici, tra l’altro le gallerie erano ben illuminate con i led rendendole ancora più suggestive.
Davo spesso un’occhiata al radar meteo, perché le perturbazioni potevano sorprenderci in montagna, prendiamo un gelato, poche altre soste oltre ai controlli e continuiamo giù lungo la Valle della Radovna fino a Kernica per scendere al bellissimo Lago di Bled.
Sul lago sembrava di stare all’interno di una fiaba, l’isolotto al centro del lago con il castello che domina tutto il paesaggio, lungo la riva del lago tante persone a prendere il sole, fare sport e attività all’aperto in un clima di festa.
Pedalata dopo pedalata arriviamo alla periferia di Lubiana, molto caotica, dopo quasi 600 km di ciclabili tra i boschi affrontare il caos cittadino è un dramma, bisogna stare attenti ai pedoni, agli scooter, ai monopattini, alle automobili, ai semafori, agli attraversamenti sulle strisce pedonali ecc…
Arrivati al centro di Lubiana perdo di vista Lauro, lui era un po' più avanti di me, poi un semaforo e non lo vedo più. La mia traccia sul gps mi porta a fare il giro dentro la città, Lubiana è bellissima, ricca di monumenti e le persone affollano la piazza dove ci sono un sacco di mercatini, lungo il fiume alcune persone facevano sport acquatici, alcuni nella canoa altri sul sup.
Non riuscivo a trovare il punto di controllo, non era ben visibile dalla strada, si trattava di un chiosco ma non trovavo il cartellone con i colori dell’evento. Poi Lauro mi manda la posizione e così riesco a raggiungerlo.
Ci ritroviamo tutti, ne approfittiamo per mangiare un panino e poi riprendiamo la via per Fusine, ci tocca rifare la periferia di Lubiana e tutta la strada appena fatta a ritroso ma sono già le 19:00 ci toccherà pedalare di notte.
La notte è lunga, la stanchezza adesso si fa sentire e le gambe sono più pesanti, arriviamo a Fusine poco dopo le tre del mattino, il tempo di una cena poi doccia e andiamo a letto, avevamo in dotazione un ex caserma degli alpini, con letti veri, dormire tre ore mi consentirà di recuperare il 100% delle forze. Gli organizzatori sono stati davvero fantastici non ci hanno fatto mancare nulla, la cena era buonissima e alle sei del mattino siamo già in sella per affrontare la tappa più dura di tutto il giro.
Con le prime luci dell’alba affrontiamo le ripide salite fino a Sella Nevea, poi una lunga discesa e subito una salita sempre su ciclabile fino a Timau.
Dopo un’oretta di riposo si sale al Passo di Monte Croce Carnico, in poco più di 200 km dobbiamo fare ben 4000 metri di dislivello per arrivare di nuovo a Villabassa.
Arriviamo a mezzanotte dopo aver ripassato da San Candido e attraversato tantissima ciclabile nei boschi.
La cosa che mi ha sorpreso di più è stato trovare le trappole ad ultrasuoni lungo le strade Austriache per allontanare la fauna selvatica, appena un animale si avvicina suonano forte per farlo scappare, scongiurando in questo modo la possibilità di incontrare un Orso o un Daino che potrebbe attraversare la strada all’improvviso a gran velocità.
I miei compagni decidono di fermarsi prima a dormire, trovano un albergo per strada e si fermano, io decido di arrivare a Villabassa, per fare una doccia e dormire, sono attrezzato con sacco a pelo e materassino ma ci sono anche i partecipanti della 600 che affollano la struttura, alla fine dormo nella stanza dove si trovano gli zaini su un materassino buttato a terra, con le persone che vanno avanti e indietro per recuperare gli zaini, per fortuna ho il sonno pesante, riesco in ogni caso a dormire ma al mattino non sono esattamente riposato, mi hanno anche detto che durante la notte parlavo nel sonno.
Mi raggiungono anche i miei compagni di viaggio, freschi perché hanno dormito in un letto vero anche se solo poche ore, io avendo un passo in salita più forte ho dormito un’oretta in più ma la qualità del sono era appena sufficiente per recuperare le energie spese.
Anche Lello detto Batman ci aspetta, anche lui come noi decide di calare il ritmo e di abbandonare l’idea di finirla in 90 ore, stare dietro a Gennaro Laudando, Mario Rago e Pino Leone non è una buona idea, ritmi troppo serrati e poco sonno alla lunga si pagano, se si è troppo stanchi si rischia grosso soprattutto sulle ciclabili dove la concentrazione deve essere sempre al massimo. Inoltre era la sua prima over 1000 è stata una saggia decisione quella di calare il passo e di aspettarci.
Tappa dedicata alle Dolomiti, con una prima parte su Strada Statale, decisamente trafficata in alcune ore del giorno.

Ritornati a Dobbiaco costeggiando dapprima il Lago, unico punto di fondovalle da dove è possibile ammirare le pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo.
Finalmente dopo tanta salita riusciamo a scollinare al Passo Cimabanche, ma io devo sostituire la camera d’aria posteriore per una foratura, Lauro e Lello mi danno una mano, sempre pronti ad aiutare come fa qualunque randagio, in questi momenti un piccolo aiuto è davvero una grande cosa. Dopo la riparazione della ruota bucata possiamo scendere agevolmente verso Cortina D’Ampezzo. Poi si riprende la ciclabile delle Dolomiti, che seguiremo fino a fine tappa alla Locanda alla Stazion, una restaurata antica stazione ferroviaria.
A questo punto dopo circa 950 km abbiamo una serie di tappe con poca altimetria e tanta discesa fino a Verona, sembrerebbe che è finita ma non è così, i km da fare sono ancora tanti, Batman ha un passo diverso dal nostro e prosegue spedito, noi invece ce la prendiamo con calma e ci godiamo la discesa.
Dopo un breve tratto di ciclabile andiamo sulla vecchia Statale, ora totalmente privata dal traffico per merito della nuova viabilità veloce. Giù per i tornanti fino a toccare il Fiume Piave, a Perarolo di Cadore. In morbida discesa, si raggiunge Longarone, con la diga del Vajont, al suo fianco.
Attraversiamo il Piave e in breve raggiungiamo Ponte nelle Alpi e poi Belluno. Il percorso, a questo punto, abbandona i corsi d’acqua e contorna le pendici delle Dolomiti Bellunesi toccando una miriade di borghi dal sapore antico. Dopo Santa Giustina, attraversiamo Cesiomaggiore e per finire, in comoda discesa, si raggiunge Feltre.
Arrivati a Feltre troviamo il buon Oscar Tosini che ci accoglie con un pasto caldo, io sono molto stanco, cerco di recuperare le forze riposandomi una mezzoretta, poi il radar mi dava pioggia imminente e temporali, erano appena le 16:00 e la pioggia ci avrebbe accompagnato per almeno due ore.
Discutiamo se proseguire o aspettare il passaggio delle nuvole, alla fine decidiamo di andare avanti, mettiamo su il pantalone antipioggia e andiamo.
La pioggia non tarda ad arrivare, scende giù violenta come un temporale estivo sa fare, in quel momento pensavo che sarebbe stato meglio aspettare ma oramai era fatta, si pedala anche con l’acqua alle caviglie. L’attrezzatura regge bene, ma la bici no, oltre a bucare su cimabanche mi si incaglia anche il laccio del freno, troppa impurità nelle guaine, mi fermo per sostituire il cavo, anche questa volta Lauro insieme a Giorgio mi danno una mano. Capitano sempre inconvenienti meccanici su giri come questi, ma siamo pronti ad affrontarli, con me avevo i lacci di ricambio.
Anche Giorgio aveva forato nonostante usasse i tubeless latticizati, abbiamo usato la mia pompa del Decathlon a pedale per gonfiare in maniera rapida la ruota. La porto sempre con me, è più grande di una pompetta e fa bene il suo dovere, ha anche il manometro.
Inizia a scendere la sera, abbiamo un po' di fame e facciamo una sosta a Bassano del Grappa, un bar gestito da cinesi pieno di gente ubriaca, non sono riuscito a trovare nessuno lucido, non è una leggenda metropolitana a Bassano bevono davvero tanto, al caffè devi chiederlo liscio altrimenti lo fanno corretto con la grappa.
Poi proseguiamo un po' per la statale per evitare le strade di campagna, le temperature salgono, comincia a fare caldo, non c’è più il fresco della montagna, ma il calore della pianura.
Seguiamo le tortuose stradine intorno alla nuova Pedemontana ci immergiamo nella bella e ricca campagna vicentina. Passiamo da Caldogno e Costabissara per chiudere poi la tappa a Creazzo, nella accogliente struttura locale degli Alpini.
Mangiamo qualcosa, dopo aver preso tanta acqua e fatto più di mille km ero talmente stanco che non ricordo nemmeno cosa ho mangiato, credo un piatto di pasta con il sugo e una mela.
Manca solo l’ultima tappa, di 60 km ma due salite da affrontare, con un muro al 18% per chiudere in bellezza e rendere la randonnée indimenticabile.
Alcune stradine sono sterrate e quelle sinceramente di notte le abbiamo evitate prendendo la statale, poi abbiamo seguito la traccia verso Montebello Vicentino, Monteforte d’Alpone, Soave e finalmente le ultime due belle e brevi salite ci si parano davanti: Colognola ai Colli e San Briccio, superiamo San Martino Buon Albergo dove troviamo il muro al 18%, ma questa volta metto il piede a terra e porto la bici a mano fino su e poi cacchio buco di nuovo, ma non ci penso nemmeno di cambiare di nuovo camera d’aria, vedo che il foro è piccolo, quindi gonfio ogni 10 minuti la ruota, ma mi tocca arrivare all’arrivo da solo, lascio andare avanti il resto del gruppo e poi finalmente arriviamo a Montorio Veronese e a Villa Guerrina, la fine del nostro viaggio.
Nonostante l’ora tarda gli organizzatori sono lì ad accoglierci e a darci la maglia da finisher con tanto di attestato.
Un’immensa soddisfazione averla finita in 104 ore con i miei amici, è stato bello farla assieme a lor per quasi tutto il tragitto, ci siamo divertiti come pazzi, io e Lauro ci siamo fatti tante risate, anche se è stata davvero dura non ce ne siamo accorti.
La filosofia delle randonnée è lo spirito randagio che vede prevalere la componente turistica, da vivere possibilmente in compagnia, rispetto all’agonistica; non esiste mai un vincitore, sono tutti vincitori.
L’allenamento è necessario, come pure l’abitudine alle lunghe distanze e all’impegno prolungato, ma i tempi non sono legati al cronometro ma al proprio benessere; è soprattutto una sfida con sé stessi.
Il tempo massimo di percorrenza è importante, anche per permettere il buon svolgimento della manifestazione, ma non è la cosa “più importante”.
Grazie di cuore all’ASD Sport Verona. In particolare grazie a Simonetta Bettio e Giorgio “Musseu” Murari per aver pensato ad un percorso come questo, completamente immersivo e in piena sicurezza, non ho mai avvertito il pericolo di essere investito da una macchina, dovevo al massimo stare attento ai paletti delle ciclabili, viviamo in un periodo nero per i ciclisti, ne muoiono troppi per strada tutti i santi giorni, sono proprio gli eventi come questo che possono dare un futuro a uno sport così bello.
Ringrazio inoltre tutti i volontari dei vari punti ristoro, che si sono ammazzati di fatica per noi, nonostante la stanchezza abbiamo trovato sempre un sorriso, ci hanno dato con il cuore tutto quello che potevano.
Infine ringrazio chi mi ha seguito da casa, chi ha scritto una frase di incoraggiamento sui social, tutti quanti hanno contribuito a realizzare questa avventura che adesso si è materializzata in un breve racconto.
Un abbraccio a tutti e buone pedalate amici miei.

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