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Racconti

giovedì 28 settembre, 2023

Veneto gravel 2023 by Refound 2/2

Ultima parte dell' avventura, fino a Bassano

di Ritrovato Renato
Veneto gravel 2023 by Refound 2/2

 

Spesso non è così. In molte zone d'Italia questo rispetto per gli utenti deboli della strada è un miraggio. E' purtroppo radicata e diffusa la convinzione che i ciclisti (e pedoni) siano solo un intralcio alla circolazione dei mezzi a motore, e le piste ciclabili uno spreco di spazio, utile solo per togliere dalla strada questi scomodi usurpatori delle carreggiate aperte al traffico. Tante persone sono profondamente convinte che le automobili siano l'unico mezzo di trasporto legittimato a circolare sulle strade, senza neanche sentirsi obbligati a rispettarne le regole, giustificandosi con il concetto di "fretta".

Senza un cambio di mentalità questi eventi come la VG23, dall'indubbio positivo ritrorno economico e di immagine resteranno appannaggio di poche lungimiranti isole felici Italiane.

Dopo aver terminato queste elucubrazioni e il mio cappuccino, mi appresto a rimettermi in viaggio. Nel frattempo il meteoè peggiorato e la mattinata comincia a manifestarsi per quello che sarà: uno schifo. La pioggia ormai è fitta e insistente. Rassegnato alla veridicità delle funeste previsioni che ben conoscevo da qualche giorno prima della partenza, comincio a indossare tutto l'armamentario antipioggia che mi porto al seguito da più di 500km. Pantalone e giacca antipioggia, sovraguanti (si riveleranno inutili) e copriscarpe in Goretex. L'unica consolazione è che la temperatura è abbastanza mite da rendere superfluo l'uso dei malefici (ma alla fine si riveleranno del tutto innocenti) gambali che mi hanno dato tanto filo da torcere durante la prima notte. Bardato come un palombaro mi accingo a montare in sella al mio 'destriero' e mi ricordo dei miei nuovi amici che dovrebbero essere in procinto di partire da Conegliano.

James alle 06:43 aveva scritto:

"Bene bene, grazie, appena fatta la doccia partiamo in 40 minuti, proviamo per vederti sulla strada anche per colazione."

Quindi dovrebbero partire intorno alle 07:20. Non ha senso aspettarli in questo bar, mi conviene iniziare la salita. Parto.

Non avevo controllato bene la traccia da Vittorio Veneto a Ponte nelle Alpi. La salita della Sella di Fadalto è lunga un po' più di 8 chilometri e presenta 331 metri di dislivello, con pendenza media al 4,4% e qualche tratto all' 8,8%. E' sicuramente la salita più dura del giro, se non altro per il fatto che si affronta con 600 chilometri sulle gambe. Una salita continua sotto la pioggia battente nel fondo della valle nella quale è stata costruita l'ardita autostrada A27.

Visti da sotto, i piloni dell'autostrada sembrano dei grattacieli sui quali le nuvole cariche di pioggia sembrano appoggiate. L'ho percorsa molte volte, in auto, per raggiungere le montagne dell'alto Veneto e mi ha sempre dato l'impressione di volare. Oggi capisco meglio questa sensazione. Alle 08:40 sono al lago Restello. La mia attrezzatura sembra reggere abbastanza bene alla pioggia battente. La giacca in goretex da escursionismo ha un cappuccio molto grande, studiato per essere messo sopra un casco da arrampicata. Posso quindi metterlo agevolmente sopra il mio casco da bici. In questo modo la testa rimane asciutta e l'acqua non può entrare nel colletto. Avere la testa calda e asciutta è molto confortante. Anche i pantaloni impermeabili da cicloturismo con copriscarpe incorporati tengono abbastanza bene. Ma le mie scarpe sono estive da mountain bike, e l'acqua riesce a intrufolarsi dalla fessura della suola nella quale sono montate le tacche degli attacchi SPD. Fortunatamente l'acqua che entra è poca, e i piedi rimangono abbastanza asciutti. Le mani invece in poco tempo sono completamente zuppe d'acqua, i sovraguanti non tengono nulla ed è come non averli. Non importa. La temperatura non è eccessivamente bassa, intorno ai 12 gradi ma la mia velocità sì. Anzi, è vergognosamente bassa, come immaginavo. Anche il vento è quasi assente. Quindi basta continuare a pedalare per non sentire freddo. I materiali ad alto contenuto tecnologico come il Goretex sono molto efficaci, ma non posssono fare miracoli. Dopo un ora circa sotto la pioggia battente, anche all'interno della giacca comincio a sentirmi bagnato. Probabilmente non è la pioggia a penetrare da fuori, ma il sudore che si condensa all'interno. Mi rendo conto che non c'è altro da fare che continuare a pedalare, per mantenere costante la temperatura corporea. Tutto sommato mi sento sereno. Ho trovato un mio ritmo e sono in equilibrio. Mi fermo solo una volta sotto la pensilina di una fermata dell'autobus per sistemare un po gli indumenti. Per precauzione copro il navigatore satellitare con un sacchetto per congelatore stretto con un elastico. Così è molto più difficile vedere la traccia, ma non voglio rischiare che la pioggia faccia qualche danno al dispositivo. La fine della salita arriva inaspettata. E come un miraggio, poco prima delle 10:00 appare il bar Sella. Decido di fermarmi per l'ennesimo panino con la soppressa. Me lo merito. E voglio rimanere in un posto chiuso per riscaldarmi un po'. Il locale ha pochi tavoli e sono tutti pieni, nonostante la giornata piovosa. Ne trovo uno libero e inizio a divorare il panino che ho ordinato. Quasi subito arrivano altri due partecipanti. Sembrano tipi abbastanza allenati. Tutti e due hanno una giacca antipioggia tecnica di una marca famosa e i pantaloncini corti. Uno ha sopra il casco una cuffia per la doccia, probabilmente presa all'albergo dove hanno pernottato, e un paio di guanti in gomma per lavare i piatti. L'altro invece non ha guanti, dice essersi cosparso le mani e le gambe di crema per far scivolare l'acqua. E' curioso come ognuno trovi delle soluzioni diverse e originali in situazioni critiche. L'ambiente è molto accogliente e cominciamo a chiaccherare amabilmente per qualche decina di minuti. Il tempo passa, e finalmente realizzo di aver recuperato lo sforzo della salita. Fuori ancora piove, ma fermarsi ancora avrebbe significato raffreddarsi troppo. E' giunto il momento di ripartire. Rimetto il casco, esco dal locale, accendo le luci della bici e afferro il manubrio. Alzo lo sguardo verso la strada e con grande stupore vedo una ciclista che si appresta a scendere dalla sua bici. E' Katia.

"Katia! Ma sei arrivata!"

"Eh già"

In quel momento, un altro ciclista che non avevo assolutamente visto arrivare mi dà una pacca sul braccio, in segno di saluto.

"Grande Renato!!"

"James!! Mitico!! Che piacere rivedervi!!! Cavolo, con la giacca antipioggia non ti avevo riconosciuto!!

Sono sinceramente felice di rivederli, e confortato dal fatto che la mia piccola profezia che ci saremmo ricongiunti si è avverata. Purtroppo però non era ancora il momento di continuare il percorso insieme. James e Katia avevano appena terminato la salita di Fadalto e avrebbero giustamente voluto fermarsi al bar per recuperare. Per me fermarmi ancora avrebbe significato rischiare di raffreddarmi troppo.

"Ragazzi, mi spiace non poter fermarmi con voi, io sono già fermo da parecchio tempo... a questo punto devo ripartire. Ma il check point di Belluno non è lontano, e secondo le previsioni tra un po' dovrebbe smettere di piovere, fate con calma, sono sicuro che ci beccheremo ancora!!"

 

Riparto con la consapevolezza di aver superato uno dei tratti più duri di tutto il giro, sia da un punto di vista puramente tecnico per via della salita, che da un punto di vista mentale, per i chilometri che continuano ad accumularsi.

Non immagino ancora, però, che sto anche per affrontare uno dei tratti più belli di tutto il giro. Il bar Sella di Fadalto è proprio nel punto piu alto del valico di Fadalto, quindi il percorso ora è in discesa. Lascio andare un poco la bici e prendo velocità. Non ho freddo, sono perfettamente acclimatato e ci prendo gusto. Troppo. Dopo qualche chilometro, infatti, il mio navigatore gps mi segnala che sono uscito fuori traccia. Uscire dalla traccia in discesa non è mai una bella cosa, perché tornare indietro significa che la fantastica discesa diventa una altrettanto fantastica salita.

Controllo la mappa confrontandola con quella che mi sono caricato su komoot nel cellulare e capisco che in Località Poiatte avrei dovuto svoltare a sinistra per raggiungere la riva del Lago di Santa Croce, lungo la quale si snoda la meravigliosa ciclabile Via Regia. La pioggia si fa meno insistente, la visibilità è tutto sommato accettabile e mi consente di godere della vista del lago. Torno indietro e imbocco la ciclabile. La pista dal fondo sterrato è divertentissima, la mia Jaroon sembra essere nel suo habitat naturale. Pozzanghere e fanghiglia non creano nessun problema, anzi esaltano il divertimento. Il percorso è movimentato da facili dislivelli, curve, ponticelli e passa dentro l'oasi naturalistica del Lago di Santa Croce. Poco prima dell'abitato di Arsiè mi fermo a fotografare una bellissima salamandra. Sembra bella pasciuta, forse è una femmina con le uova. Rimane assolutamente immobile a farsi fare tutte le fotografie che voglio. Non ha nessuna paura, fiduciosa nelle difese che madre natura le ha fornito. L'atmosfera è molto umida, non piove più, ma la vibililtà e molto buona e scatto un paio di fotto alle vicine vette sulla cui cima resiste ancora qualche spruzzo di neve.

Mi chiedo se James e Katia abbiano finito di fare colazione. Sono preoccupato per loro, spero che non abbiano difficoltà con la traccia. Non dovrebbero, perché la ciclabile è ben segnalata. Mi sarebbe piaciuto ripartire insieme a loro da Conegliano, ma avremmo tutti rischiato di non riuscire ad arrivare entro sera a Bassano, a causa delle mie scarsissime prestazioni in salita.

Finita la ciclabile Della Via Regia, il percorso continua sulla Via Romana, una bellissima strada sterrata immersa nei boschi decidui alle pendici meridionali del Monte Serva. La strada è leggermente più in quota rispetto al fondo valle, e offre scorci panoramici sulla Val Belluna molto pittoreschi. Dopo una curva, trovo un gravellatore fermo intento a sostituire la camera d'aria della ruota anteriore della sua bici.

"Ciao, serve una mano?"

"No no, grazie. Tutto a posto. Ho tutto!"

Su un giro di questa lunghezza, in effetti, sarebbe da sprovveduti non portare qualche ricambio per fronteggiare eventuali piccoli inconvenienti meccanici. Tutto sommato a me finora è andata bene.

"Ok, allora ci vediamo, buon viaggio"

Una delle cose più belle dell'andare in bicicletta è che riporta le persone ad un livello di umanità che spesso si perde nella vita di tutti i giorni. Quando un ciclista, passando, ne vede un altro in difficoltà, fermarsi per offrire aiuto è spontaneo, scontato. Tutti quei ragionamenti che spesso ci fanno desistere dal fare la stessa cosa quando siamo in macchina, assumono un peso minore quando si tratta di ciclisti. In effetti, anche un ciclista fermo potrebbe essere in realtà un malintezionato in attesa di una preda, come il ragno nella sua tela in attesa della mosca. Ma in bici di solito accettiamo il rischio, perché già il fatto stesso di mettersi in bicicletta su una strada inevitabilmente ci espone a dei rischi. Si deve accettare quella vulnerabilità dalla quale molti, erroneamentte, si sentono immuni quando circolano in auto.

L'automobile, con la sua retorica intrinseca di ostentazione di sicurezza assoluta, (ma effimera, visto i numerosi incidenti gravi che comunque ogni anno si verificano), ci crea una bolla nella quale ci sentiamo sicuri e invincibili. A patto di rimanere ben chiusi all'interno dell'abitacolo e protetti dalla velocità. L'automobile diventa una specie di esoscheletro potenziato che fa sentire alcune persone simili a certi eroi di anime giapponesi che entrano nel loro megarobot e diventano improvvisamente fortissimi. Forse è anche per questo che difficilmente una persona alla guida di un'auto si fermerà a offrire aiuto a un'altra ferma sulla strada in evidente difficoltà, anche se palesemente innocua come può essere un ciclista che ha bucato una gomma. Ma tra ciclisti la solidarietà è una regola quasi sacra. E questo vale anche se si sta affrontando una pedalata molto impegnativa come la Veneto Gravel.

Arrivo al check poi presso il negozio di articoli sportivi Robibike di Belluno alle 12:15. Ormai ha completamente smesso di piovere. Scatto qualche foto alla bici infangata e comincio a togliermi il casco. Questa volta mi acorgo immediamente che stanno arrivando anche Katia e James. Che gioia rivederli!

"Ciao Ragazzi!! Allora, come è andata?"

"Alla grande!!!!"

Sono sicuri che i nostri volti stavano dando una risposta molto meno ottimistica.

"Katia, come va con la batteria del tuo navigatore satellitare?"

"E' durata un po', ma ora è di nuovo scarica."

"Allora, se volete, visto che, come avevo previsto, alla fine mi avete raggiunto se volete, da adesso in poi possiamo proseguire insieme fino all'arrivo. Non dovrebbero più esserci salite importanti. Se non avete particolare fretta di arrivare possiamo provare a tenere una velocità che vada bene per tutti e tre. Che ne dite?"

"Certo Renato. Nessun problema, ma prima di ripartire ci rifocilliamo e ci riposiamo un po'".

E' proprio la risposta che voglio sentire. Entriamo quindi nel negozio che ci fa anche da punto di appoggio. Timbriamo i libretti di viaggio. L'interno è caldo, ci vengono messi a disposizione i bagni e io compro qualche barretta di cereali che rappresenteranno il mio pranzo. Gironzoliamo un po' nel negozio, veramente fornito. Ci sono parecchie cosine che stuzzicano la mia vena spendacciona, ma in realtà non ho bisogno di nulla, e mi limito solo a guardare gli articoli.

Improvvisamente James esclama: "Eccola!!" e con una sella in mano va verso Katia, contento come un bambino che ha appena aperto il suo uovo di Pasqua: "la sella di Renato: io la devo comprare!!"

"Ma dove la metti fino a Bassano? Abbiamo ancora 120 chilometri da fare" risponde Katia.

"Nella borsa della mia bici!"

Era la sella della marca inglese, simile alla mia, che James aveva notato ieri, quando ci siamo fermati alla fontanella vicino a Terre di Mosto.

I due si consultano un po', ma alla fine James non riesce a resistere e acquista la sua bella sella. Gli dico che ha fatto bene, del resto una sella non ha solo il compito di sorreggere il nostro peso, ma anche quello di sostenere i nostri 'gioielli più preziosi'. Prima di ripartire, visto che ora fa abbastanza freddo decido di mettere ancora i gambali felpati. Ma stavolta sono deciso a trovare una soluzione al problema della loro instabilità. Decido di chiedere aiuto al negoziante spiegando il problema, e se per caso avesse delle spille da balia. Lui mi osserva e non riesce a trattenere un sorriso di commiserazione. In un microsecondo mi rendo conto che sarà ricordato con ilarità ogni volta che quel negoziante racconterà  quello che aveva sentito. "Ma scusa, li metti sopra i pantaloncini? perché non provi a metterli sotto?"

Scoppio a ridere ancor prima di lui, maledicendomi per non aver minimamente pensato a quale potesse essere il modo corretto di indossare il capo. Rosso in volto per la vergogna, ma tutto sommato felice per aver imparato una cosa nuova e aver risolto un problema, saluto ed esco dal negozio. Inutile dire che i gambali non mi daranno più problemi.

Riunitasi la compagnia, ripartiamo per completare il giro, inseme ad un gruppetto di altri partecipanti che nel frattempo erano arrivati al check point.

Il percorso nella Valbelluna si fa molto piacevole. Un continuo susseguirsi di saliscendi con salite brevi e mai troppo impegnative. La strada secondaria asfaltata che percorriamo è praticamente priva di traffico, e in alcuni tratti gli alberi ai lati appena germogliati formano una galleria perfetta. Da tratti di strada più aperti godiamo della vista delle vette delle meravigliose Dolomiti Bellunesi, le cui cime sono ancora imbiancate, mentre i versanti sono ricoperti di vegetazione del verde acceso tipico della stagione primaverile. Tra tutte svetta la sagoma aguzza del monte Pizzocco, elegante e maestoso. Mi viene in mente con un pizzico di nostalgia il giorno in cui l'ho scalato insieme a Roberto, Lorenzo e altri amici, penso che mi piacerebbe tornare su quella cima prima o poi. Nonostante la sua apparenza ostile e minacciosa si tratta in realtà di una vetta accessibile anche da escursionisti senza particolari abilità alpinistiche, a patto di avere un passo sicuro e un po' di fiato. I chilometri scorrono ora abbastanza agilmente. Facciamo una sosta per un caffè nel paese di Mel, abbastanza facilmente raggiungiamo Lentiai e Feltre, e in breve raggiungiamo le pendici settentrionali del massiccio del Monte Grappa. Abbiamo qualche difficoltà a trovare acqua per le nostre borracce. Tutte le fontanelle che troviamo sono chiuse. Chiediamo a una signora, che ci spiega che sono state chiuse in seguito ad una ordinanza provinciale emessa per contrastare la penuria di acqua, dovuta alla prolungata siccità. Ne troviamo una funzionante nei pressi di Caupo. Controllo la traccia e mi accorgo che il navigatore segna ancora 600 metri di dislivello positivo. Rimango un po' sorpreso dal dato. Non riesco a capire. La traccia passa per l'abitato di Arsiè e poi, raggiunta Primolano , si collega alla ciclabile del Brenta che dovremo seguire fino a Bassano. Non è la prima volta che la faccio, ricordo benissimo che è prevalentemente in discesa procedendo in direzione sud. Non riesco a capire se dovremo affrontare ancora delle salite.

Basta questo pensiero per mettermi decisamente in crisi. Vengo assalito dal dubbio che la traccia si vada ad inerpicare in chissà quale impervio pendio, in un ultimo guizzo di perfidia del tracciatore. I chilometri totali sono ora 680. Non mi aspettavo grosse salite a questo punto del percorso. Procedo un po' a rilento, nel tentativo di racimolare le ultime energie per affrontare un ulteriore ipotetico sforzo in salita. Ma fortunatamente, si tratta solo di una mia errata interpretazione dei dati forniti dal mio dispositivo gps. Il dislivello residuo continua ad essere eroso progressivamente senza che si presentino tratti particolarmente impegnativi. In qualche decina di minuti ci rendiamo conto di essere abbastanza vicini a Primolano, e capisco che il dislivello rimanente è solo quello dovuto a qualche saliscendi perfettamente fattibile, oppure a qualche errore di calcolo del Garmin. Il mio umore risale immediatamente, e con esso anche la mia velocità.

Intorno alle 18:00 arriviamo alle Scale di primolano. Le nubi in questo momento hanno lasciato il posto a un bel sole che illumina e esalta i resti del castello medievale della Scala. Ne approfittiamo per fare qualche foto e video di rito. Poi ci gustiamo la discesa sui divertentissimi tornanti di questo tratto della strada Statale del Grappa e di Passo Rolle. Proseguiamo spediti sulla ciclabile del Brenta, deserta per via della giornata dal meteo avverso. Nel nostro caso è un indubbio vantaggio. Di solito la ciclabile, una delle più belle del Veneto, è piuttosto affollata. Oggi invece, è quasi tutta per noi.

Procediamo spediti senza fermarci, superando Valstagna, Campolongo sul Brenta e cominciamo già a pregustarci l'arrivo e la meritata cena riservata ai Finisher della Veneto Gravel in Villa Argan a Bassano del Grappa. Mi sento bene, e visto che il cellulare è ancora abbastanza carico, metto un po' di musica in vivavoce sul cellulare collegandomi a Virgin Music streaming rock '80. Le note di Money For Nothing dei Dire Straits hanno su di me un effetto dopante, potente e immediato. Sto bene e non mi pare vero di essere quasi riuscito in questa che, per me, è una piccola impresa. Ma come il regista di un film d'azione, il destino sta per aggiungere un piccolo colpo di scena finale alla nostra avventura. Sono in testa al gruppo, ormai mancano una decina di chilometri all'arrivo e comincio ad essere abbastanza euforico. Mi giro ogni tanto per assicurarmi che Katia e James non si distacchino troppo. Sono un po' indietro rispetto a me. Penso che vogliano semplicemente godersi gli ultimi chilometri pedalando in modo più tranquillo. O forse vogliono solo stare alla larga da un coatto come me che pedala con la musica rock a palla in vivavoce sul cellulare. Ad un certo punto smettono di essere nel mio campo visivo. Finora è bastato rallentare un po' e dargli il tempo di raggiungermi. Abbasso la velocità e spengo la radio. Nessuna traccia dei due. Mi fermo. Aspetto un paio di minuti, magari, penso, si sono semplicemente fermati per bere o sistemarsi. Ancora nulla. Nel frattempo il cielo comincia di nuovo a chiudersi. Decido di tornare indietro a cercarli. E' impossibile che siano usciti dalla ciclabile, anche perché in questo tratto questa non ha ingressi ed è completamente separata dalle altre strade. Li trovo poche centinaia di metri indietro. Katia è intenta a smontare la ruota posteriore della sua bici. Ha forato. Una parte di me è sollevata. Quei pochi minuti di incertezza sono stati sufficienti per farmi venire qualche timore che possa essere successo qualcosa di poco piacevole. Ma una foratura, tutto sommato, è un' inconveniente poco preoccupante, a patto di avere al seguito tutto l'occorrente per affrontarlo. Offro il mio aiuto, Ma James e Katia sanno il fatto loro. Non vanno in bici da un giorno. Complice la stanchezza, impiegano qualche tempo per tallonare il copertone una volta sostituita la camera d'aria, ma alla fine in pochi minuti siamo pronti per ripartire. Nel frattempo ha ricominciato a piovere leggermente, ma manca talmente poco all'arrivo che non penso a vestirmi ancora.

Arriviamo così a Bassano del Grappa e al ponte degli Alpini ci lasciamo andare alla gioia per aver concluso un giro molto impegnativo (per me il più impegnativo che abbia mai intrapreso). Ci abbracciamo, facciamo qualche foto e proseguiamo per l'arrivo alla villa Argan.

A questo punto dovrei elencare qualche numero che sintetizzi il giro. La distanza totale è di 729 chilometri percorsi in 39h 12m al netto delle soste. 76h 05m, comprese le soste, e i pernotti nei due Hotel. 4068 mt di dislivello, ma probabilmente qualcosa in più, perché in alcuni tratti in salita sono andato così piano che il dispositivo gps è andato in pausa, e di conseguenza non ha registrato il dislivello sul quale stavo faticosamente arrancando. 17.442kj (stimati dalla applicazione Strava sulla quale registro i miei dati), pari a un cospicuo quantitativo di panini con la sopressa e lattine di coca.

 

Ma i dispositivi gps e i ciclocomputer non hanno ancora un sensore per misurare e registrare le emozioni e le sensazioni che questa Veneto Gravel mi ha regalato. Ringrazio gli organizzatori, e soprattutto i miei compagni di viaggio. James e Katia in primis, ma anche tutti quelli con cui ho condiviso una parte del tragitto, e hanno contribuito a rendere per me questa avventura un'esperienza unica.

 

 

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